Ventiquattro gennaio 2021. Verona-Napoli 3-1. Nella domenica di una penosa sconfitta e del rifiuto di far giocare Rrahmani, Gattuso perse partita, calma e panchina. Non fu chiamato Benitez, ma Spalletti che rivela: “Da quando mi fu detto che avrei allenato il Napoli, non gli ho più levato gli occhi di dosso”. Si spiegano lo sfogo di Gattuso il 31 gennaio in tv e l’immediato silenzio stampa per fermarlo.
Spalletti è perfetto quando parla di calcio (4-2-3-1 base) e di Osimhen. Fa capire come il gioco gli creerà spazi profondi da conquistare nella profondità. Allenatore vero. Hanno un senso anche le pause teatrali, i toni di lento ritmo e le cose non dette: è attento alle finali e al congiuntivo, come alla linea societaria. Uomo di compagna, se la cava subito quando sale a bordo: non va in coperta con l’equipaggio, ma sceglie la cabina di comando. Dice quello che al presidente piace sentire. Solo una volta deroga: “Si vince con i giocatori forti”. Ne avrà? Ecco 5 punti cardinali.
1) A Insigne telefonò dopo il gol della vittoria alla Svezia. Significativo il messaggio: “Far parte del Napoli per molti anni significa rimanere della storia di Napoli”. Può chiaro di così?
2) Ammette di aver telefonato anche a Emerson.
3) Su rinnovi che saltano e tagli sostiene la linea austera. Non spende una parola per farla cambiare. Sa che il calcio è in crisi, non si piazza controvento, insiste sull’invito a rimanere “per entrare nella storia della città”. Spalletti sa che nessuno vuol perdere soldi, dai milionari del gol ai povericristi della Whirpool, ma ci prova. È gioco di scuderia.
4) Al contrario di Sarri che si legò a Reina e tifosi in dissonanza con il presidente, di Gattuso che si era saldato a Insigne, Koulibaly e Mertens, Spalletti si sente uomo di società. Rimette al suo posto Giuntoli, riapparso ieri. Lo considera il suo punto di riferimento perché può parlare come lui e con lui di calcio, in un club dove decide quasi sempre De Laurentiis con Andrea Chiavelli, l’a.d. che esce dalle quinte e balza in prima fila. Non può prendersi solo il presidente l’impopolarità di decisioni drastiche, ma inevitabili senza i 50 milioni della Champions.
5) Come De Laurentiis, anche Spalletti presenta il conto. “Dirò ai giocatori che hanno debiti con me”. Certo, era sul divano mentre lo degradavano dalla Champions alla Europa League. La tv inquadra il sorriso appagato del presidente. Finalmente uno che pensa e parla aulico come lui. Diverso solo il look. Camicia bianca con abito blu notte e cravatta uguale l’8 luglio si vedono solo nei ministeri romani.
Fonte: Antonio Corbo per “Il Graffio” di Repubblica
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