Il Napoli può riprendere la corsa verso il suo terzo scudetto a una condizione. Che comprenda quanto è accaduto a Torino. Non decide granché il risultato di ieri, né valgono tanto i tre punti di distacco dalla Juve. Preoccupa la sconfitta nella spiegazione di Mazzarri, fatalista e rassegnato. A microfoni spenti, è il primo a doversi interrogare: in panchina ha la lucida prontezza che si richiede a un allenatore da primato?
Per 75’ il Napoli è stato alla pari. Gioca in otto e mezzo, proprio come la Juve. Che succede? Pandev si pone come quei sacchi di sabbia agli argini di un corso d’acqua, il suo fiume è Chiellini. Non fa altro, se non sbagliare il lancio in contropiede a Insigne per riaprire la partita. Maggio è travolto sulla fascia destra da Asamoah. Dalle trenta ore di viaggio, tra aerei persi e presi, è sbarcato solo mezzo Cavani. Nella Juve, si muovono due ombre, Quagliarella e Lichtsteiner. Rende la metà Vidal, esorcizzato da un autorevole Inler. Perfetta parità. L’allenatore juventino di riserva, quando manca un quarto d’ora, dà una scossa. Cominciano i cambi. Fuori Quagliarella, fuori Asamoah per infortunio, fuori Vidal. Dalla panchina Mazzarri osserva. Inserisce Insigne quando la Juve ha già operato due cambi, e segnato due gol in due minuti. Il destino è prodigo di segnali: per chi non si fosse accorto dell’autolesionistico attendismo, sceglie due nomi significativi per la vittoria juventina. Caceres e Pogba. Due appena entrati. Che Mazzarri sia un eccellente tecnico nel preparare la partita lo dimostrano i 75 minuti di parità. Il Napoli regge, anche se c’è il rimpianto di qualche rimedio non tentato per tamponare il dilagante Asamoah. Esempio: invertire Maggio e Zuniga sulle fasce, sostituire Maggio con Dzemaili, avanzare Campagnaro per resistere meglio al tornado juventino, c’era solo da scegliere. Il Napoli non sceglie e comunque per 75 minuti regge bene. La voragine si apre quando Caceres, appena entrato, crea la variante tattica. Non ricalca le tracce di Asamoah, ma si piazza in una zona di nessuno dove nessuno si accorge di lui. Neanche sul corner di Pirlo, quando Campagnaro abbinato a Matri sui calci piazzati vede sbucare come fari nella nebbia Caceres, come poteva saltare contro due? Era già successo: l’udinese Pinzi l’altra volta cambiò zona e indisturbato andò a segnare. Mazzarri è un eccellente tecnico nei giorni feriali. Ma ci si è accorti da tempo che in panchina non sempre indovina i tempi e le mosse, né crea attraverso il cambio una variante tattica. È migliorato quest’anno nel look, persino l’abito scuro e il fazzoletto bianco che schiuma sul taschino. Innegabile la sua evoluzione. Evita adesso plateali imprecazioni, balletti, implorazioni. Si dà un tono. Manca però nel Napoli il dirigente o un collaboratore, carismatico per garbo e autorevolezza, in grado di dialogare tra le quinte sul piano tecnico. Non può farlo De Laurentiis che ha da poco scoperto il calcio e lo sa gestire come nessuno solo sul piano finanziario, non lo fa Bigon fin troppo devoto, non lo farà mai il sapiente ma troppo rispettoso Frustalupi. Chi opera può invece sbagliare senza rendersene conto. Quando si arriva al crocevia del trionfo, vedi con il Chelsea a Londra vedi ieri a Torino, il calcio non concede un solo attimo di ritardo o errore. Qualsiasi allenatore, senza l’opportunità di un confronto discreto e costruttivo, finisce così per sentirsi infallibile. È il rischio che corre il pur bravo Mazzarri. In questi giorni, dovrà pur riflettere su un tema da tempo segnalato. Tra il Pandev degli ultimi tempi e l’Insigne che Prandelli e Mangia mostrano felice e geniale con le casacche azzurre chi è più utile? Ieri chi poteva osare di più, contro i colossi juventini, l’agile monello di Frattamaggiore o il voluminoso e pensoso macedone? È stato giusto far entrare Insigne a 5’ dalla fine? Come si interpreta il passaggio sbagliato in contropiede di Pandev a Insigne: stanchezza? Se così, quale decreto legge obbliga la sosta in campo di un genio stanco? Conclusione: nella corsa allo scudetto il Napoli non ha compromesso nulla, il suo motore ha la giusta potenza, davanti persino di più. Ma è il momento di un tagliando, chiarirà perché picchia in testa.
Fonte: Antonio Corbo per Repubblica
La Redazione
C.T.
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