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Corbo: “Più poteri a Bigon, il Napoli deve diventare autorevole sul mercato”

Estate del 1984, sono passati 27 anni. Il Napoli sbalordiva la Spagna offrendo le più solide garanzie bancarie per strapparle il campione di un’epoca. Oggi quella nazione è campione del mondo e il Barcellona domina l’Europa. I due club si ritrovano finalmente in Champions. Ma sono ancora troppo distanti: che cosa insegna la notte di Londra e quale segreto il Napoli può carpire al modello catalano? La chiave è in una sola parola. Stile. Il Barcellona ha il suo, ed è vincente. Crede nei giovani del vivaio e ne ha 14 nella rosa, sa acquistare e gestire campioni come Messi, vince con la composta eleganza di Pep Guardiola che l’altra sera corse a salutare Ferguson, il santone sconfitto, prima di festeggiare nella forma più sobria, senza urla né capriole sul campo. Il Napoli uno stile deve darselo, per evitare le ultime buriane dopo uno splendido campionato. Il caso Mazzarri e la beffa Inler fanno riflettere. Per oltre un mese Mazzarri minacciava rivelazioni, mettendo in dubbio la sua conferma, nonostante il contratto che egli stesso nel 2010 aveva chiesto di allungare fino al 2013. La pace era l’unica conclusione possibile, e si è capito subito. Nemici inseparabili, si è detto. Ma se è stato bruciato il finale con i 10 punti su 15 persi nelle ultime 5 partite, se è stata avvelenata la festa per la Champions, se una polemica così oscura ha allarmato tanto i tifosi, era diritto del pubblico sapere che cosa è davvero successo, dovere di Mazzarri spiegare quanto aveva annunciato con faccia e toni sempre più torvi. Invece, niente. È comprensibile l’imbarazzo di un allenatore che torna in umiltà dal presidente solo per scongiurare l’esonero ormai imminente, è fatale però che la sua immagine sia ora scalfita. Se sperava di andar via, si è capito che non aveva altre offerte concrete. Se puntava a garantirsi uno squadrone, nulla è cambiato nei piani della società. Lo stesso Mazzarri ammette che gli acquisti saranno nel perimetro del fair play Uefa. Quindi: i 35 milioni-40 dell’attivo, senza alcuna personale esposizione del presidente. E pensate che De Laurentiis non li avrebbe spesi comunque? Dieci punti e forse il secondo posto persi. Un prezzo abbastanza alto per una impennata che andava evitata. Il caso Inler, poi. L’accordo con l’Udinese è dello scorso Natale. Ma lo tratta ora la Juve: fondamentale è la firma del giocatore nei contratti. Ma chi va ad acquistarlo, se prima non ha il suo assenso? Scaricare tutte le colpe su Bigon è ingeneroso. De Laurentiis se si fida di lui e della sua capacità operativa, deve delegare più poteri. Qui ha appena quelli di un fattorino. Se ogni trattativa diventa una lite infinita per risparmiare un euro sull’ingaggio, il Napoli non sarà mai sul mercato un club autorevole né avrà un suo dirigente rispettato, ma subirà beffe e voltafaccia dall’ultimo procuratore. Con Inler a gennaio si è annunciato lo sloveno Tim Matavz. «Acquisto rinviato solo per motivi burocratici». Cinque mesi dopo, Hans Nijland manager del Groningen informa dal sito del club che l’affare sfuma. L’intermediario, Nusret Jushari, aggiunge: «Non ho capito nulla». Possibile che il Napoli abbia cambiato idea. Ma se l’allenatore a gennaio era lo stesso di oggi, qual è il giudizio tecnico sul giovane attaccante? Il Napoli ha dimostrato di cavarsela. Il colpo Cavani e il terzo posto lo confermano. Errori ve ne sono stati, ma i risultati lo promuovono. Chissà che non siano stati utili persino il caso Mazzarri e le delusioni di mercato. Aiutano a maturare. Lezioni tempestive per un club che avanza in Italia e in Europa con otto milioni di tifosi, ma ancora in cerca di un suo stile.

La Redazione
C.T.
Fonte: Antonio Corbo per Repubblica

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