DOVE finisce il mondiale, ricomincia un calcio ossidato da affarismo isterico e faraonica irresponsabilità. Il Barcellona invia per Luis Suarez 81 milioni al Liverpool, che lo pagò 21. Chissà che pensano i 108mila soci del club catalano, modello di azionariato popolare. Il morso a Chiellini in mondovisione, la recidiva con Ivanovic, una lunga squalifica e la incerta coesistenza con Messi e Neymar: tutto questo non ha fermato il Barcellona, solo placato i tifosi turbati dal sorpasso in Champions e Liga di Real e Atletico. La piazza prevale sulla logica, anche nella debole economia spagnola. In Italia, peggio. L’arida serie A, assente nelle finali europee, è terra di conquista: 5,4 su 10 sono stranieri, spesso modesti. A quanti italiani tolgono posto e futuro, quanti emigrano? Un miliardo di proventi tv tollera la dissennata gestione. La Germania svetta non a caso: ha rifatto gli stadi, nel fatturato dei club il botteghino supera il 40%. Sarà forte anche senza tv. In Italia il 12%. Nato senza debiti nel 2004 il Napoli, in attivo, sopporta gli sprechi del passato: ha 20 giocatori in più, torna persino Donadel. Se Vargas e Dzemaili dopo un mondiale non trovano buone offerte, che dire dell’Ufficio Vendite? E Behrami è da regalare? Comprare per comprare non vale. Acquisti sì, ma di superiore qualità.
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