Spalletti si illumina negli spogliatoi. Crede di aver trovato l’idea giusta. Riflette sull’ingarbugliato primo tempo e sa che il Milan dilaga con il Genoa. Se lo sente già alle spalle. Reagisce vedendo Insigne a disagio, non ha dubbi, lo prega di non rientrare, vuol proteggere lui e far vincere il Napoli. La fortuna premia gli audaci. Gli va bene, Fabian Ruiz e Mertens chiedono solo un quarto d’ora per schiodare la partita. Ma c’è ancora molto, troppo tempo per sbagliare e subire un magrissimo pareggio. Ma che inizio sarebbe stato se il Napoli non avesse l’altra volta disintegrato la Lazio? Alessio Dionisi è il quarantenne ragazzone del Monte Amiata che il Napoli l’anno scorso seguiva ad Empoli come probabile sosia di Maurizio Sarri. Proprio Dionisi ha osservato domenica il suo modello, decidendo poi di non imitarlo. Anzi ha fatto il contrario. Perché Sarri aveva lasciato corde troppo larghe agli avversari pensanti. Ha cominciato con l’obiettivo di esorcizzare Lobotka, l’insospettabile architetto delle trame che mandarono in confusione la Lazio. Ha spedito Frattesi e Traorè con l’ordine di alternarsi nel circoscrivere Lobotka e Fabian Ruiz, l’asse centrale del Napoli. È stato come offuscarne le idee, attenuarne la creatività, interromperne la tensione. Subito diverso il Napoli quindi, costretto a chiedere a Koulibaly e Di Lorenzo di indirizzare il gioco senza trovare grandi sbocchi nel primo tempo. Ed un motivo c’è. La difficoltà del tandem di mediani di costruire, o almeno di collegarsi con il congegno offensivo. Lozano lotta con il brasiliano Rogerio sulla destra creando scompiglio, ma nulla di più. Mertens sbatte contro il non irresistibile Chiriches e Ferrari toccando la prima palla dopo una ventina di minuti, ma è soprattutto Insigne la luce che non si accende, frenato da un malanno muscolare che evidentemente ha provato a vincere. La sostituzione di Insigne con Elmas sembra sbloccare il Napoli, ma soprattutto Mertens e Zielinski. Sono loro due a creare le premesse per il primo gol, realizzato da Fabiàn Ruiz contro una difesa che ha in sofferenza la coppia centrale, Chiriches e Ferrari. Ancora Mertens offre il raddoppio, creando però l’illusione di una nuova vittoria, per scrollarsi di dosso il Milan che via radio manda notizie negative. Fabiàn Ruiz, proprio lui, deve arrendersi e Spalletti con eccessivo ottimismo tira fuori anche Mertens, che ha intanto ritrovato il suo micidiale estro. Non rende altrettanto Petagna. Entra anche Politano al posto di Fabiàn Ruiz ormai fuori uso, ma sono momenti cruciali. Come passare da un cielo terso ai venti di tempesta, il Napoli sembra disunirsi mentre anche Koulibaly chiede il cambio. Il Napoli prova i brividi vedendo il suo gigante che se ne va, come ammainare una bandiera, desolante l’immagine del guerriero che si accascia sulla panchina con una coperta che lo ripara del freddo. Juan Jesus fa quello che può, ma Koulibaly è il traliccio che non può mancare mai. Spalletti è agitato, si affida a improbabili combattenti, è il destino ma anche il limite di questa squadra. Va in pezzi quando vengono meno gli uomini chiave. Allarma la frequenza di infortuni muscolari. E viene da pensare che siano stati anticipati stavolta i cambi. L’espulsione completa la grigia serata di Spalletti.
Fonte: Antonio Corbo per “Il Graffio” di Repubblica
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