Le lacrime di Insigne non commuovono. Invitano a ragionare. Come l’ira di Quagliarella. Tutt’e due hanno segnato e giocato una splendida partita. Ma tutt’e due con vesuviana inquietudine si sono cacciati da tempo in personaggi logoranti. Ai limiti dell’autolesionismo.
Quagliarella ha segnato un gol da spavaldo giocoliere. Uno che fa quei gol,e lui ne fa tanti così, avrebbe diritto ad una carriera migliore, più serena, meno conflittuale. Ovunque vada, trova ingiustizie, ostacoli, nemici. Ne lasciò qualcuno anche a Napoli. È solo il destino o Quagliarella contribuisce a cercarseli?
Non gli donano quella faccia da martire né quei drammi che finge di nascondere in una esistenza tormentata. Ma che cosa gli manca per essere tranquillo, ricco e felice? È un campione, ne ha tutti i numeri, forse è il solo che debba convincersene.
Insigne si è scelto un ruolo ancora più complesso: il protagonista ad ogni costo. Dal look difficile da condividere agli sprezzanti ed enigmatici silenzi, alle repliche inopportune se solo gli spiove addosso un fischio.
Una vita troppo eccentrica è esagerata per un tipo così emotivo e minuto. Lo fa piangere: ora di rabbia ora di gioia. Ma che cosa ha Insigne meno di un buon calciatore non italiano, europeo?
Non si accorge di immergersi in polemiche inutili. Quando fa dire ai suoi procuratori che Zeman sapeva utilizzarlo e Benitez no, subisce il contraccolpo. Evidenzia fatalmente i suoi limiti. Cioè, fa sapere che ha resistenza solo per giocare negli ultimi 30 metri. Con il Torino è stato sfortunato e impreciso nel tiro, ma incontestabile nell’impegno, nella continuità di gioco su 60 metri, pericoloso fino in fondo. Bravo Insigne. BRavo Quagliarella.
Tutt’e due, Insigne e Quagliarella, aldilà di sofferenze troppo esibite, pongono però un tema. Possibile che gli italiani siano così trascurati un squadre mediocri e zeppe di stranieri?
La vittoria del Napoli sul Torino si racconta in poche note.
1) Avvio distratto. Buona rimonnta.
2) Torino tecnicamente migliore, quindi con possesso palla facile, ma lento e macchinoso in difesa. Non si comprende la difesa a tre se non è protetta dai mediani e se non è rapido nelle diagonali difensive dei due esterni. Torino ambizioso ma con troppi scompensi.
3) Michu è impalpabile. Possibile se che manca Hamisk debba giocare lui secondo automatismi arrugginiti?
4) Albiol in difesa sbanda, per fortuna c’è Koulibaly.
5) Il portiere merita di essere ancora sotto esame per un’altra sua uscita infelice.
Conclusione: il Napoli ha archiviato la crisi. Si conentrerà sulla trasferta di Milano per incontrare l’Inter, guidata da Mazzarri. È davvero in difficoltà, Mazzarri.
Non sempre i risultati coincidono con quello che Mazzarri pensa di sé. Ma è inutile infierire. Merita il più rispettoso silenzio.
Il Graffio in questa sosta aprirà un dibattito su sindaco che c’è e non c’è, sullo stadio costruito sulle nuvole, sulle promesse sempre svanite. Il calcio offre un’altra metafora di questa città “sospesa” dal suo diritto alla vivibilità.
Dal blog di Antonio Corbo su repubblica.it
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