Nella domenica nostalgica delle bandiere ammainate, con campioni che dopo trionfi di anni si staccano da Juve e Milan, anche il Napoli freme per le sue. Sfumata la Champions che sarà del fischiato Lavezzi e di Cavani, sfiorati già da club francesi, russi e inglesi?L’ULTIMA scossa l’aveva data il City. Certo, il Manchester diretto da Roberto Mancini e finanziato da petrolio e banche dell’emiro Mansour, fermato a Londra e sconfitto al San Paolo, escluso infine dal Napoli nel terribile girone di Champions. Ha vinto ieri la Premier League. Campione d’Inghilterra. Con un altro squadrone, il Bayern primo in Bundesliga e finalista a Monaco sabato, il Napoli si era misurato senza timori né affanni. Perché gli altri due club sono andati così avanti, e il Napoli no? Se l’è chiesto la squadra nella vigilia più amara e tormentata, le ore dei rimorsi e dei dubbi. Colpa sua, un giorno capirà. Si è comunque caricata d’ira e l’ha smaltita subito con chi ne aveva di più: Andrea Dossena, troppe volte sottratto alla sua fascia di mancino naturale, per far spazio a Zuniga, balbettante in fase difensiva, passo corto da ballerino nelle ripartenze contro corsa lunga e scatti anche senza palla del titolare, ieri travestito da bomber. È uno dei misteri di questo flop. Il Napoli attacca a sinistra, la fascia di Dossena. Supera bene Giorgi. È Rossi ad aspettare sul versante opposto Maggio, poco brillante. Sannino schiera un 3-5-1-1, con esterni bassi, quindi difesa quasi sempre a 5. Ma con micidiale dispositivo di centrocampo (Vergassola, Brienza, Bolzoni) che tampona e ribalta subito il gioco, con D’Agostino a ridosso di Destro unica punta, premiato con un gol da una rocambolesca uscita di De Sanctiis, che si riscatterà tra i pali nella ripresa: ma le sue uscite fanno riflettere, attento Napoli. Ha rivelato in questi mesi qualche incertezza fuori porta. Il Siena si distende di rado ma senza difficoltà in avanti: trova troppi varchi a centrocampo, qualche errore di Gargano lo favorisce, né risolve Inler, i suoi 17 milioni sono uno dei misteri gloriosi dell’anno. I 65 gol incassati non accusano la difesa ma la fase difensiva per un equivoca funzione dei mediani: resuntuosi, hanno vocazione offensiva e non palleggio tale da imporre il possesso palla e il ritmo basso. Nell’azione del secondo gol, si è visto uno strepitoso Campagnaro sulla destra: perché non è stato mai provato da esterno quando Maggio era fuori forma o presente-assente in campo? Il deludente quinto posto fonda sulla ostinata conferma di un modulo tradito dagli esterni quest’anno, ben lontani dallo standard. Quel micidiale gioco in profondità di Maggio con Dossena in contro-lato, e viceversa. Un congegno offensivo di alto potenziale completato ed esaltato da Cavani, Hamsik, Lavezzi. Già, Lavezzi. È finito sotto i fischi di chi ne aveva fatto un idolo. Nella sua irridente abulia si rifletteva spesso l’impazienza, la voglia di andar via. È stata una sua ingenuità.
Tocca alla società operare al meglio per recuperare al Napoli credibilità tecnica e rapporto con i tifosi. Può far molto anche la Coppa Italia. Domenica, ci siamo
Fonte: Antonio Corbo per “Repubblica”
La Redazione
C.T.
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