È bella Venezia, si spiega il Napoli contemplativo per un’ora. Gioca come se l’Inter non avesse perso il derby di Milano. Come se il campionato non gliela offrisse a un sol punto di vantaggio per un possibile sorpasso della capolista. Come se non si fosse appena fermata l’Atalanta, sconfitta a Bergamo dal Cagliari e ridimensionata nella corsa Champions. Il Napoli sembra uscito da una tempesta, si sentiva inseguito da oscure maledizioni. Gli va tutto bene ora, si concede un quieto pomeriggio aspettando che lo aiuti a vincere Osimhen, tornato finalmente con un volo che documenta nuovi tratti del suo repertorio. Più che il coraggio del calciatore, più che il tempismo del bomber vince il formidabile atleta che guida quella fantastica macchina da 185 cm e 77 kg. Non è un gol di testa come tanti: con il suo eccentrico testone giallo-oro Osimhen lascia a terra laggiù rassegnati nella loro impotenza Caldara e Ebuehi, olandese di origine nigeriana come la usa. Salta, fermandosi in volo dà la direzione verso l’angolo alto del secondo palo. Corsa, elevazione, potenza: in quante altre discipline olimpiche sarebbe un campione?
Ha recuperato dal primo minuto un attaccante che dà tutto anche se gioca con una maschera che ne protegge il volto. Si rasserena anche Spalletti. Ha attraversato una lunga emergenza, può concedersi anche cambi in ritardo. Il suo collega Paolo Zanetti da dieci partite senza vittorie e ormai sul ciglio del burrone: due minuti dopo il gol avvia la giostra. Tira fuori Nani, un maturo centrocampista portoghese originario di Capo Verde ininfluente in un fantomatico attacco nella scia del nigeriano Okereke, simbolica prima punta di un 4-3-2-1. Entra il ventiseienne francese Thomas Henry che dà vivacità all’attacco. Il Napoli sostituisce i primi (minuto 79) quando Zanetti ha già esaurito i 5 cambi. Mertens per Insigne, Elmas per Politano. Uno dà scintille come sottopunta, Elmas equilibrio. Ma bisogna fermarsi a riflettere sui due che escono. Politano si è notato poco, tranne che per l’assist morbido verso il testone di Osimhen per il gran gol. C’è il timore che l’assenza di Lozano lo abbia imborghesito. Solo la concorrenza tiene svegli. Diverso per Insigne. Ai languori dell’ormai deciso addio, si aggiunge un disguido tattico. Insigne per ordine di Spalletti o per iniziativa personale lascia sempre più spesso la fascia sinistra. Si propone come suggeritore con esiti modesti, né ha fortuna il suo tiro ellittico. Finisce fuori o sugli avversari, stretti come sono. La scialba prova di Zielinski fa temere un ingorgo tattico: lo specialista polacco (mediano di inserimento) trova spesso lo spazio sbarrato da Insigne. Tocca all’allenatore rimettere ordine.
Portandosi al centro, Insigne suo malgrado lascia una zona libera: non la sfrutta Mario Rui, ieri sottotono, al contrario di Tyronne Ebuehi, che dilaga. Forse troppo. Si scontra con l’arbitro Mariani, atterrato e con un orecchio sanguinante. Poi con Mertens meritando il secondo giallo. Senza Ebuehi, stravolto da inutili cambi, il Venezia prende il secondo. E manda il Napoli a sfidare l’Inter. Dimenticare Venezia, sabato è un’altra storia.
Fonte: Antonio Corbo per “Il Graffio” di Repubblica
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