Un solo cambio. Rrahmani per Lobotka. Le felici sostituzioni hanno fatto volare il Napoli capolista per 12 partite in serie A , fino al brusco stop di domenica con l’Inter. Hanno ribaltato partite anche compromesse. Hanno consolidato la fama di Spalletti, nella capacità strategica di incidere sul risultato. A Mosca si è spenta la luce. Nel buio che copre il Napoli c’è una sconfitta di ambigua lettura. È corretto pensare che vi fossero troppi titolari fuori: Osimhen, Insigne, Politano, Anguissa. È un alibi plausibile, lo è ancora di più ricordando l’assenza dei precari. Demme, Ounas, Zanoli. È desolante riflettere invece su chi ha giocato. Contro la decima squadra del campionato russo, hanno reso meno di chi non c’era. Nulla. Osservate il secondo gol di Sobolev. Mario Rui, dignitoso nel resto dell’incontro, si fa girare come una ballerina da Moses che spedisce il cross dalla sinistra, Sobolev devia facile di testa, marcato per telefono da un mai così svagato Koulibaly e dal distante Di Lorenzo. Se oltre i quattro titolari mancano l’anima e l’identità tattica, che squadra è? Si continuerà a sentire che il Napoli è forte perché ha ricambi di pari valore? Bisogna attribuire allo stesso Napoli un deficit di personalità come nelle peggiori serate con Sarri, Ancelotti, Gattuso? Non svaniscono i dubbi, se si ascolta Spalletti. L’allenatore della capolista italiana maschera bene la sua inquietudine dopo un punto in tre partite (Verona, Inter, Spartak) e dopo due sberle e 5 reti prese dalla modesta squadra russa nell’equilibrato girone C di Europa League, 2-3 a Napoli e 2-1 nella gelida serata moscovita. L’intervista trova Spalletti puntuale solo su due temi irrisori: rettifica l’accusa di poco coraggio alla squadra incolpando i giornalisti di «spostare le parole». Sarà. Si sofferma poi sul rifiuto della stretta di Mano a Rui Vitoria. Ecco, il collega portoghese non lo aveva salutato prima della gara. Sarà anche questo. Rimangono però da chiarire il blackout nella fase centrale della gara di Milano, con il Napoli travolto sulle fasce laterali, ed il primo tempo consegnato ieri ai russi. La ripresa energica di Milano come il finale con l’Inter sono solo un sussulto, il decoro di una reazione, l’esplosione dei rimorsi. Le tante assenze non giustificano le oziose presenze. Mertens e Petagna dovrebbero sostituire, l’uno o l’altro, Osimhen per un tempo indefinito, ma non breve. Nessuno dei due si è visto, e Petagna ha inciso sulla partita solo accarezzando con il ciuffo nero un traversone diretto a Di Lorenzo che l’ha tradotto nel 2-2. Non l’avesse toccato, per Di Lorenzo non sarebbe scattato il fuorigioco. Un involontario contributo di Petagna alla sconfitta ma significativo: spiega come il Napoli stia pagando oltre misura le sue responsabilità. Gira proprio male. In attesa di Politano e Insigne, non va trascurata l’insufficiente prova di Lozano, chissà se davvero pensa di meritare un club più importante. Visto ieri, difficile che qualche grande club europeo corra a cercarlo. Scende a Mosca una neve che non dà allegria. Ancora più triste oggi ricordare Maradona. Ma quella è un’altra storia.
Fonte: Antonio Corbo per “Il Graffio” di Repubblica
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