La partita di stasera conta per la classifica. Il Napoli dovrà scavalcare il Genoa battendo l’altra genovese per riprendere il terzo posto. Ma vittoria e sorpasso non cancellano i grigiori di una stagione finora sconcertante. L’imbronciato Benitez lo fa capire. Parlano i suoi silenzi, più delle scolorite frasi in tv e sala stampa. Dopo il Cagliari è successo qualcosa. Il burrascoso lunedì mattina a Castel Volturno, le urla di Benitez e quei due, Callejon e Higuain a testa bassa, fanno immaginare tensioni e svolta. Quel Benitez furibondo sembra tutt’altro che rassegnato a lasciare Napoli senza vincere. Il 22 dicembre a Doha si prevede un Napoli concentrato. Darà l’anima per la Supercoppa nella sfida con la Juve. Sembra purtroppo che aspetti quella partita molto più delle altre. Ma questo non può bastare al Napoli, né a Benitez né al presidente. Avvincente aggiudicarsi il trofeo italiano nella capitale del Qatar. Ma quella è l’emozione di un evento, di un successo, di un giorno. La dimensione da grande club è data da campionato e Champions.
E il Napoli stasera scende in campo già con 12 punti di ritardo sulla Juve dopo 13 partite. Quando potrà competere, alla pari, in una sfida lunga otto mesi per il primato? Ha già bruciato troppi punti. Che gusto dà lottare per difendere il terzo posto? E lasciare ad altri il compito di disturbare la Juve lanciata verso il suo quarto scudetto? Prima di Praga è stato come sempre intervistato Bigon. Il giovane direttore sportivo si è lasciato dominare dalla prudenza, o dal terrore di dire qualcosa di impegnativo: sembrava sdrammatizzare tutto, persino il rischio che Benitez vada via. È invece il punto di confine tra i dieci anni del Napoli rifondato ed il futuro di un club con 6 milioni di tifosi. Se rimane, bisogna dargli squadra e strutture per creare un ciclo. Se parte, il Napoli deve valorizzare quanto Benitez ha portato: l’ansia di superare il provincialismo nel gioco, edificare un centro sportivo, creare un vivaio mai così arido. Non dà un solo giocatore alla prima squadra. Ne infilò sei nella banda del primo scudetto. Ferlaino non cercò a Reggio Calabria gli istruttori, ma nella galleria dei miti: Mariolino Corso. In dieci anni De Laurentiis ha dato molto, forse l’impossibile. Ma il Napoli di oggi non basta a Napoli. Va rinnovata l’offerta. Adeguata ad un pubblico che vuole vincere. È una raffinata mente finanziaria. Se le cifre gli han fatto capire la crisi del cinema, i vuoti e i fischi del San Paolo gli dicono qualcosa? Gabbiadini può essere già un buon segnale, si vedrà.
Fonte: Antonio Corbo per La Repubblica
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