Corrono tutti ad abbracciarlo, poteva essere la serata dell’addio, Gattuso si svincola dal mucchio, i giocatori gli saltano addosso per giurargli ancora una volta fedeltà, vogliono attribuirsi questa vittoria ed il suo significato, grande vittoria difesa con il cuore ed il gioco di una squadra che si è sentita piccola, con un finale da irriducibile provinciale, Lozano rimasto in campo pur tradito dalla fatica e da un insulto ai muscoli. Sofferente e malaticcio, con sei giocatori fuori uso, qualche giornale che ripete più volte il nome di Rafa Benitez che quello del suo allenatore, assediato dai social, il Napoli invia dal fondo in cui è precipitato tre messaggi al campionato. Che Benitez è lontano come fosse ancora in Cina. Che il Napoli non è guarito ma sopravvive alla sua crisi, e lentamente può. Che la Juve, con i suoi 236 milioni di ingaggi battuta da avversari che se ne dividono 105, è staccata dalle milanesi come neanche gli esonerati e ben pagati Allegri e Sarri. La crisi della Juve è nella barba da filosofo angosciato che dice a tutti per convincere forse se stesso che «possiamo essere contenti della prestazione». Ma se la verità è questa, la Juve è ancora la Juve? Una serie di coincidenze avverse guida il Napoli verso la tredicesima vittoria, ma per eccesso di benevolenza lo aiuta anche a riflettere sugli errori. Il gol su rigore, che non sarebbe stato mai concesso, senza un’esemplare applicazione della Var, non certifica una nuova dimensione del Napoli, la riconquista di un gioco perentorio, avendo sofferto troppo per respingere il disordinato e illogico assalto della Juve. Rigore segnato da Insigne che con il puntiglioso coraggio del vecchio monello di provincia si ripresenta al dischetto, sapendo che non gli sarà mai perdonato un errore dopo quello che costò al Napoli la Supercoppa. Insigne suggella la sua splendida serata con una generosa prestazione a tutto campo, concedendosi anche un omaggio alla sua signora e alle altre, gli auguri di San Valentino stampati sulla maglia che porta sotto, siamo o non siamo nella città dei neomelodici? Coincidenze avverse, già. Ce ne sono state. Ma aiutano il Napoli a riflettere.L’infortunio di Ospina a 20 minuti dall’inizio promuove titolare Meret, il portiere gioiello che Ancelotti guardava con ogni sognanti. Si rivela il gigante che De Laurentiis aspettava di vedere. L’assenza di Manolas e Koulibaly riapre un varco per Rrahmani che il presidente sperava di ammirare già contro il Verona, una decisione che acuì il dissenso nei confronti di Gattuso. Rrahmani è stato con Meret su tutti, due giovani che il Napoli ha finalmente rivalutato, e che migliorano il bilancio tecnico della stagione, se potranno ancora esprimersi. Sono stati infatti usurati giocatori che sembravano inamovibili, con ovvia svalutazione degli ultimi investimenti. Il 4-2-3-1 ha retto bene perchè Osimhen senza mai nascondere i suoi limiti tecnici ha saputo tenere alta la squadra, impegnando De Ligt e Chiellini. Il 4-4-2 poi nel concitato finale. Dove poteva finire il campionato, ricomincia per Gattuso. Ha tutto per riprendersi la panchina e difenderla. A queste condizioni. Migliorare la condizione fisica dei giocatori, un po’ affaticati e malconci. Riprendere la guida con lucidità e senza vittimismi. Non respingere la stretta di mano di chi in società è pronto a tenderla.
Fonte: Antonio Corbo per “Il Graffio” di Repubblica
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