Un rigore visto bene solo dall’arbitro aprì la porta al Milan. Ieri un paio, invocati dall’irascibile Mazzarri ma non visti dall’arbitro, lasciano chiusa quella del Brescia. Se il Napoli riduce tutto a un rigore concesso e ai due negati, è giusto che accusi il mondo. Se riflette meglio, no.
Se il Napoli riflette sui dieci giorni che lo hanno portato via dall’Europa League e dalla pista scudetto, deve prendersela anche con se stesso. Le polemiche sono in parte fondate, ma non gli daranno mai i punti persi sul campo. La squadra si è fermata a Vila Real, cittadina della Spagna orientale, poco più grande di un rione della periferia di Napoli. Se non ha superato i sedicesimi pur giocando un brillante primo tempo contro il Villarreal, se lunedì scorso poteva agganciare il Milan capolista ma ha preso tre legnate e oggi è solo terzo a otto punti dal vertice e a tre dall’Inter, può essere comodo scaricare su altri le cause dell’improvviso dissesto. Ma non è corretto né credibile. Non è un caso: dalle curiali gerarchie arbitrali, segnate spesso da ambiguità e prudenza, è stavolta arrivata subito, in un giro di vento, la replica di Marcello Nicchi, presidente dell’Aia. Un brusco stop a Mazzarri: «Atteggiamenti consoni all’area tecnica». Il Brescia è penultimo con 25 punti, meno della metà del Napoli, 53. Se ieri una squadra così accidentata pareggia e persino sfiora la vittoria nel finale, è più facile condividere l’irata delusione dei tifosi piuttosto che la plateale contestazione di Mazzarri. È merito dell’allenatore e dei suoi titolari, se il Napoli per mesi è stato al tavolo dello scudetto. Se i risultati oggi lo escludono, lasciandogli però ampie possibilità per la Champions, un motivo c’è. Forse quattro. 1) Milan e Inter avevano strutture solide. A gennaio hanno cercato altri rinforzi di sicuro valore. Pensate: chi Cassano, chi Pazzini. Il Napoli aveva due soluzioni: investire per l’ultimo salto di qualità o risparmiare. Ha scelto la terza: un giovane dotato ma non ancora pronto come Ruiz e l’anziano Mascara, in difficoltà nel Catania, che lotta per la salvezza. Va chiarito perchè. De Laurentiis dopo Cavani voleva spendere poco o niente, Mazzarri non gradiva acquisti ingombranti, manca un operatore di mercato che sappia centrare colpi che non siano Sosa, Yebda, Cribari, Lucarelli, Mascara: dov’è la verità? 2) Cavani è stato formidabile. Per mancanza di alternative ha dovuto giocare sempre, più di tutti. È usurato, e non può contare sul gioco dirompente di Lavezzi. Come scindere il braccio e la mente. Il Napoli si accorge di essere aggrappato alle lune di Lavezzi. 3) Caso Gargano. Prima correva per tutti. Da tempo vuol comandare per tutti. Batte persino le punizioni a centrocampo. La sua tendenza all’anarchia tattica era un pregio, un valore aggiunto, oggi un limite. Manca un centrocampista di livello in panchina. 4) Le sostituzioni sono ripetitive, escono sempre gli stessi, non creano varianti tattiche. Ieri solo confusione. Nel finale, esclusi Dossena e Aronica, l’esterno basso e l’esterno alto erano Zuniga e Yebda: due con solo il destro. Si è vista anche la difesa sbandare dopo i cambi. Il Brescia se n’è accorto e ha elevato il potenziale offensivo: Lanzafame per il rifinitore Diamanti, una punta (Eder cannoniere in B con l’Empoli) per l’interno Koné. Sono stati tre giganti, De Sanctis, Campagnaro e Cannavaro, a salvare in quel caos il Napoli. Che ora ha bisogno di riflettere. Con la serenità, può ritrovare se stesso, il gioco e i risultati di una stagione ancora tutta da vivere.
La Redazione
C.T.
Fonte: Antonio Corbo per Repubblica
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