Sorprende la serenità di Mazzarri. Nel suo racconto il Napoli ha sempre dominato, e perso «solo perché la palla non vuole entrare». Si compiace di ricordare che «da quando sono a Napoli, in tre anni e mezzo, abbiamo fatto cose fenomenali». È vero. Ma un allenatore, con la saggezza dei 50 anni e più, deve domandarsi se non sia possibile fare di più e meglio. Non conosce lo scudetto, ma è chiamato a misurarsi con colleghi che l’hanno già vinto. Per riuscirvi c’è un solo modo: mai vivere di ricordi, ma di sfide all’ultimo punto. Il 9 febbraio il Napoli fu dominato dalla Lazio. Si perse il conto degli attaccanti nel caotico finale, segnò un difensore, Campagnaro. Quel pari non fu letto bene. Era l’inizio del declino: da quel giorno 4 punti su 15. Quattro modesti pareggi e la pesante sconfitta di ieri in 5 partite, passando per le due ancora più brucianti in Europa League. E gli altri? Conte 10, Allegri 11 su 15. La classifica non mente: il Napoli ha 9 punti meno della Juve, avendone persi 6 in questo mese, solo due più del Milan che ne ha recuperati
7. Addio sogni di scudetto, e ci può stare. Ma è a rischio il secondo posto. Una frana così penosa chiede una spiegazione che vada oltre la pausa di Cavani, senza gol da oltre 700 minuti e capace di sbagliare ieri anche il sesto rigore sui 21 della sua carriera italiana. Cavani si riprenderà, è certo che tornerà a vincere anche il Napoli, ma l’opportunità di uno scudetto in un campionato così scadente e con il micidiale congegno offensivo Cavani-Hamsik sembra svanita. Ce ne sarà un’altra, se Cavani sarà davvero ceduto a fine stagione e mezza squadra sembra al termine di una lunga corsa? L’inventario dei danni rileva anche le cause. Sempre con lo stesso modulo. Basta rivedere le partite: il Napoli sbanda quando schiera la difesa a 3 contro avversari con una sola punta (il ciclone Paloschi) e un’altra tra le linee (la mina Thereau). Si ritrova con un difensore in più, superfluo, e un centrocampo in inferiorità numerica. Sarà un caso, ma il Napoli regala il primo tempo e corregge nella ripresa la linea da 3 a 4. L’altalena tra Pandev e Insigne ha poi evidenziato gli affanni dello stempiato macedone (contratto di 4 anni) e l’involuzione tecnica del verde talento. La conferma del modulo è possibile se i giocatori stanchi hanno sosia di pari livello. Mesto convince ancora meno dell’attuale Maggio, quanto dire. Il destro Zuniga è una farfalla graziosa che svolazza a sinistra, inerme nella fase difensiva. Armero è l’ennesimo bonifico all’Udinese, soldi sprecati come per Calaiò, per il lento e svagato Rolando visto ieri, per molti degli acquisti firmati Bigon e finiti in archivio. Se un modulo è logoro come gli interpreti, vanno aggiornati l’uno e gli altri. Invece? Il silenzio della società è giustificato solo dalla ragionata speranza di non sciupare tutto e riconquistare la Champions, obiettivo non solo possibile, ma doveroso. La qualità di allenatore e squadra, oltre i relativi ingaggi, non tollera altri tonfi.
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