In 4 giorni il Napoli segna 8 gol per vincere due partite uguali. Inizio dissennato, finale grandioso con Cavani, Hamsik, Insigne, Inler e difesa a 4. Sbagliare, flagellarsi e poi esplodere. Le due vittorie eccitanti nel concitato finale certificano che il Napoli ha alcuni degli ultimi campioni presenti in Italia. Il campionato è scadente per la diffusa mediocrità delle squadre: lo dimostrano l’1-6 di Pescara, la serie chilometrica di sconfitte di Milan, Roma, Samp e Genoa, la soggezione dei club sui mercati esteri. Il Napoli deve prendere coscienza del suo immenso potenziale. Se non ora, quando si convincerà che è squadra di vertice? Chi ha Cavani, Hamsik, Insigne, Inler e una struttura in parte efficiente che deve giocare ogni partita, dal primo all’ultimo secondo, con il migliore assetto e i giocatori in forma, alternando moduli e uomini in una tensione agonistica che talvolta gli manca. Prima di Genova, aveva perso 4 esterne di fila, 9 gol da Dnipro, Juve, Eindhoven e Atalanta. La Juve tiene gli attaccanti sulla corda come equilibristi da circo, un errore e vanno giù. Nel Napoli dopo 4 gare insufficienti Pandev ha ceduto il posto a Insigne, ma per infortunio. Il modulo poi deve variare. La linea difensiva a 4 è stata ieri adottata negli ultimi 40 minuti. Giovedì in un finale ancora più corto. Mancano 26 partite in una serie A mai così sgranata, più vicina al Nord Europa per i distacchi abissali. La Juve corre a una velocità folle di 2,58 punti. Anche il Napoli va più forte, 26 punti contro i 17 dell’anno scorso in 11 gare. Scudetto oltre i 90, la soglia Champions a 80. Coraggio, In attesa di rinforzi (una punta di peso e un mediano dopo i flop di Vargas e Donadel) Mazzarri ha due vantaggi sugli altri: il potenziale offensivo e una squadra a lui devota, perché del tecnico ammira correttezza, passione, abilità nel prepararla. Forza che non va svilita come nei primi tempi di giovedì e ieri. A Genova il Napoli era in affanno per almeno tre motivi. La forma opaca di Pandev. Il modulo degli esterni vanificato dal Genoa che prevaleva proprio sulle fasce laterali: sulla destra Antonelli (con Moretti dietro e Bertolacci accanto) schiacciava Maggio e frastornava Campagnaro. A sinistra, Jankovic superava Dossena e chiamava Behrami al raddoppio distraendolo dal centro. La difesa infine aveva Cannavaro contro Immobile che in linee orizzontali impegnava anche Campagnaro e Gamberini. Tre per Immobile, troppi. Fatale l’inferiorità numerica nelle altre zone. Hamsik era intanto ostruito da Kucka. Dzemaili disorientato correva molto ma costruiva poco, Cavani costretto a rientrare. Si spiega anche la sua imprecisione all’inizio. Uscito Pandev, non è cambiato granché con Insigne. La metamorfosi c’è stata, ma solo dopo, quando Mazzarri ha rimesso in ordine la difesa: fuori Campagnaro, linea a 4 con Maggio alla destra di Cannavaro e Gamberini (meno spazio a Immobile) e Dossena alla sinistra del quartetto. Centrocampo con Mesto esterno e autore del primo gol, Inler coordinatore, Dzemaili libero di osare da sinistra. Il Genoa, stanco, ha offerto spazi allo stesso trio che aveva disilluso nel finale gli ucraini del Dnipro. Insigne, Hamsik e Cavani volavano combinazioni fantastiche su linee lunghe ma anche per via aerea, con assist da terra. Impossibile fermarli. L’ingresso di Insigne è stato accolto come in America i segnali di un uragano. Del Neri in allarme ha tentato invano un argine sulla destra del Genoa. Ma l’astuto monello si è spostato sul versante opposto e poi al centro: assist, traversa, infine il gol in gelido contropiede. Com’è difficile essere giovane e napoletano in questo Napoli. Ma finalmente ce l’ha fatta.
Fonte: Antonio Corbo per “Repubblica”
La Redazione
C.T.
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