C’è pari e pari, ma questo 1-1 a Barcellona spazza finalmente via quello con l’Inter, troppo mesto per non essere subito riscattato. Il Napoli che i cinquemila avevano sognato di rivedere in una dimensione di prestigio e ritrovate ambizioni è qui, orgoglioso di aver recuperato se stesso, nella dignità di una sfida senza complessi per entrare nella fase successiva di Europa League, appuntamento giovedì prossimo. Napoli-Barcellona, chi si ferma e chi passa agli ottavi. Il Napoli è pronto e lo dimostra quando all’inizio tiene sotto scacco un Barcellona ancora troppo giovane per essere all’altezza della sua storia, ma anche quando nella ripresa deve limitarne una confusa reazione.
Un rigore legittimo ma captato come un virus al microscopio dalla Var, decide il punteggio. Ma c’è tanto da raccontare sul Napoli che merita la fiammata di entusiasmo dei cinquemila in una atmosfera d’altri tempi. Quanto ha rubato il Covid anche al calcio. La superiorità è sancita da una formazione equilibrata attraverso una fisicità dominante. Bella idea quella di schierare sulla sinistra in difesa Juan Jesus, gioca da terzino puro e limita il temuto Traorè. In quel settore l’Inter sabato trovò generosi varchi per Dumfries. La solidità del Napoli è consolidata da una difesa bloccata, Spalletti vieta stavolta estemporanee gite in avanti.
Si eleva in tutta la sua potenza e nel rapinoso tempismo Koulibaly, collaborando a sinistra per esorcizzare Traoré ed al centro il gigante Aubaneyang a sua volta controllato da Rrahmani. A destra può solo agitarsi Torres, un giovane di talento, decisivo nell’attimo del rigore. Di Lorenzo che non avanza è una novità. Il segnale di un assetto difensivo inedito. La rigida linea a 4, coordinata e coesa, regge bene per quasi un’ora, lasciando le grandi manovre ad un attivissimo Fabian Ruiz, ad Aghissa, a Zielinski cinico nel portare il Napoli in vantaggio, come a Osimhen, temerario nelle sue cavalcate. Sarebbe un Napoli maestoso se avesse un canale offensivo in Insigne, preoccupato forse di coprire, ma ininfluente al punto da lasciare per prima la scena. Una sostituzione che fa tanto pensare: nostalgia del futuro, sindrome dell’ormai prossimo congedo, motivazioni calanti? Riproposto a destra non brilla neanche Elmas, si fa ricordare solo per l’azione che prepara il gol di Zielinski.
Le difficoltà cominciano con l’evidente calo fisico al centro, flebile diventa Fabian Ruiz, prefetta in patria per oltre un’ora. Rallenta anche Anguissa. In contemporanea con l’accelerazione della Spagna, animata da Pedri, un quasi ventenne che è simbolo di un nuovo indirizzo tecnico-finanziario del Barcellona, afflitto da crisi economica dopo faraoniche stagioni. Sta rinascendo così il Barcellona, si può giurare sulla svolta affidata a Xavi. Ha ventenni che promettono tanto. Al contrario un simbolo di un declino è invece Dembelé, il superpagato attaccante veloce, acquisto da 140 milioni nell’estate 2017, oggi una riserva in lite con il club e stroncata dai fischi. Il Napoli può escluderlo, ma il Barcellona indica una soluzione interessante per sopravvivere al calcio degli sprechi e degli insostenibili trionfi.
Fonte: Antonio Corbo per “Il Graffio” di Repubblica
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