Finisce com’era prevedibile uno scontro cominciato con mezz’ora di ritardo. Fino al gol di Hamsik le squadre si erano annullate in fatiche senza mai un colpo decisivo, avendo il Catania solo annunciato il 4-3-3, in realtà schierato un 4-5-1, mai tanta folla sulla trequarti: come inventare un ingorgo per bloccare il Napoli. Il tema tattico è chiaro. Il Catania lascia in avanti Bergessio e solo idealmente schiera due esterni: Barrientos a destra e Gomez a sinistra. Tutt’e due però si defilano, tenendo d’occhio Zuniga e Mesto, la decisione di Mazzarri, che non rinuncia alla difesa a tre, pur avendo Campagnaro e Britos squalificati. Sarebbe insufficiente se il Catania avesse davvero presentato il 4-3-3. Nell’ingorgo, riceve molte palle Pandev, le amministra caparbio e tecnico negli spazi strettissimi, ma non è serata di prodigi per lui, né gli sono d’aiuto i centrocampisti. Dzemaili imita maluccio Inler nel ruolo di coordinatore, gioca troppo basso, Behrami si spinge in avanti senza riferimenti. Né dà ampiezza alla manovra Mesto che, corre sulla destra e copre, ma non sembra ispirato. Mesto è una pratica che Capuano sbriga da classico burocrate, con una superficialità che sembra sicurezza, che si rivela invece fatale quando trascura Hamsik, immaginate Hamsik libero sotto porta, è il gol che finalmente apre lo scontro. Il tema tattico cambia, il Catania recupera la memoria, gioca come avrebbe dovuto, e Barrientos sulla destra attacco lo spazio, senza mettere in difficoltà Zuniga. Sul versante opposto Grava cerca nel suo repertorio vintage astuzie da calcio antico: intimorisce Gomez, prima con i tacchetti gli timbra uno stinco, poco dopo il Catania lo accusa di aver steso lo stesso Gomez con una gomitata, l’ammonizione sembra un mezzo condono del giovane arbitro Calvarese. Proprio quando la difesa a 3 del Napoli sembra in sofferenza, perché giocano in troppi uno contro uno, il Catania sbaglia i tempi del fuorigioco. E l’assist dalla sinistra di Hamsik strappa il sipario: difesa fuori causa, tre del Napoli davanti al portiere, per Cannavaro (da ieri 259 partite come Diego) il raddoppio è un classico colpo di destrezza. Dalla ingiusta squalifica è tornato ancora più forte.
Il Catania, dopo aver mimato il 4-3-3 senza crederci troppo, si ricompone nella ripresa in un classico 4-4-2. Proprio il modulo chele difese a tre si augurano. Non si riconosce in Maran uno dei tecnici rivelazione. Bergessio e Gomez tandem di punta contro il terzetto Grava-Cannavaro-Gamberini, un quartetto al centro con Barrientos a destra e Izco a sinistra, gli sbiaditi Lodi e Biagianti al centro. A Mazzarri non resta che raccomandare prudenza a Mesto e Zuniga, in attesa di sostituire Behrami con Inler che può liberare Dzemaili e sacrificarsi nelle sue mansioni di capocantiere del centrocampo. Mazzarri nella innovativa versione 2013 evita anche stavolta cambi scontati. Lascia in campo Pandev recuperato nel fisico, sempre presente e insidioso, per far uscire tra gli applausi l’ormai consacrato uomo-squadra Hamsik e chiedere a Insigne uno dei suoi estrosi assist per Cavani, esorcizzato sabato sera da un sorprendente connazionale, Rolin, 24enne di Montevideo. È tardi per il Catania ritentare un ribaltone con il frizzante Almiron, ma il Napoli è una squadra che non trema nel finale, sicura di sé, giusto che almeno per una notte sia andata a sedersi accanto alla Juve. Senza bussare né arrossire. Questo 2013 ha davvero restituito un grande Napoli.
Fonte: La Repubblica
La Redazione
M.V.
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