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Corbo: “Con i gol di Osimhen a Verona il Napoli batte anche i nuovi barbari”

Comincia all’alba una partita che non può finire al tramonto con il Napoli che vince e il Verona che perde, con Osimhen che segna due gol e l’allenatore Igor Tudor, croato di Spalato, che urla occhi negli occhi all’arbitro la sua ira scomposta. Il sofisticato striscione che indica coordinate a missili immaginari di Russia e Ucraina per bombardare Napoli non può esaurirsi nell’omissivo commento della pay-tv Dazn (“Un brutto striscione e volutamente non lo mostriamo”) neanche in una lodevole reazione della Lega Calcio, “Esprimo la mia totale condanna a nome di tutto il calcio”, scrive Luigi De Siervo, amministratore della serie A. La coincidenza del becero manifesto con l’orrore di una tragedia che sparge sangue e lacrime non può declassarlo a ordinaria inciviltà del tifo. Tardano note urgenti: il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina è al vertice della giustizia sportiva ed il Viminale tutela l’ordine pubblico: che dicono? Che cosa scrivono gli inviati dell’Ufficio Inchieste? Quali informative invia la Digos alla Procura, che a sua volta quali indagini sta per aprire e coordinare? Vi saranno i divieti (“Daspo”) per liberare gli stadi da questi campioni dell’idiozia, per sapere chi sono questi criminali folli da Tso (trattamento sanitario obbligatorio), e come si lascia organizzare una manifestazione che non offende Napoli, ma l’Italia che suo comune sentire, queste settimane di dolore, paura, pietà. Si è esposto per il Napoli solo l’allenatore Spalletti, si spera che anche il presidente solleciti in concreto alla giustizia sportiva e ordinaria una accelerazione a comprendere, ancora prima che a colpire un fenomeno protetto dalla complicità di un troppo esteso silenzio. Pari solo alle responsabilità di chi le detiene, ignora o disattende.

Quel che resta di una orribile cronaca è facile da commentare per il campionato. Si è capito a Verona perché il Napoli sia tornato a vincere, ancora meglio perché ha perso in 4 gare la parte più ampia di probabilità per far suo il terzo scudetto. Gli è stato offerto da una serie A quest’anno più lenta. La velocità per la vittoria finale è tra 2,4 e 2,6 punti a partita. L’Inter procedeva l’anno scorso a 2,39. Da un anno all’altro, la media si è abbassata. Il Milan primo con 63 punti in 29 gare viaggia a 2,27. Questo pigro procedere ha consentito anche alla Juve di riemergere, e più volte al Napoli di sorpassare Milan e Inter. È stato necessario attendere quattro partite con soli 5 punti (vittoria sulla Lazio, pavidi pareggi con Inter e Cagliari, sconfitta con il Milan) per ritrovare una formula vincente per equilibrio tattico e distribuzione di energie.

Si è visto in tv lo Spalletti migliore. Non più preoccupato di inventare favole per far scivolare dolcemente le partite più ingarbugliate. Con l’Inter il Napoli osò poco nel secondo tempo, si piegò docilmente al pari. A Cagliari il modulo della difesa a tre fu come affrontare il mare grosso con una vecchia carretta. Il pareggio fu un salvataggio fortunoso ma lasciò tante critiche nella memoria da far esplodere Spalletti nella recita di uno sfogo. I miei giocatori hanno dimostrato di aver carattere dopo la vittoria afferrata al minuto 94 di Lazio Napoli. Spalletti voleva convincere se stesso e i giocatori. Neanche il tempo di dirlo, ci si è messo il Milan a dimostrare il contrario. Dopo un avvio tenace, il Napoli subisce la mossa di Pioli che arretra Kessie in una mediana a tre, creando la superiorità numerica a centrocampo. Il Milan domina al centro ma succede anche altro: brucia terra sulle fasce, dove Theo Hernandez travolge Politano e Insigne fa grande Calabria abbandonando il settore alto a sinistra. Vagano tristi e irrisolti anche Fabiàn Ruiz e Zielinski.

Spalletti ha meditato molto. Non solo sopporta bene le critiche, reagisce meglio. Si è ispirato al Milan allargando la mediana a 3, con Lobotka al centro, Anguissa a destra, Fabiàn a sinistra. Tre mediani compatti e disomogenei, Anguissa è la mezzala classica, Lobotka distribuisce il gioco, Fabiàn un po’ contrasta un po’ attacca. C’è di più: per aiutare Osimhen, ecco l’ampiezza sulle zone esterne, Politano a destra e Lozano (così così)= a sinistra. Il Napoli perde quota a destra e prende il gol di Faraoni quando l’ingresso di Elmas consente al Verona di sfondare. Un ‘ombra forse per Spalletti, ritira troppo presto Politano per Elmas. L’esclusione di Insigne e Zielinski si rivela decisiva, la squadra sembra concreta ed equilibrata, ma si esagera a presentare il conto solo ai due. Tutto il Napoli aveva perso quota prima di Verona.

Il cambio di formazione e modulo consente a Spalletti lo strappo che cercava. Esce felice come chi rivendica di aver importo la sua legge, antica come il calcio. Vince la squadra, non i nomi. Non si può prescindere oggi solo da Osimhen. Suoi i gol della vittoria, in una domenica buia che ci ha visto tutti perdere. Quanto vale il calcio, il nostro piccolo mondo, se una notte scopre di essere stato invaso da barbari ottusi, impazziti perché sanno leggere anche loro Maps e Google?

 

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