IL PRIMO girone si è chiuso bene. Sia Juve che Napoli hanno più punti dopo 19 partite. La Juve 44, fu campione d’inverno con 41, il 22 gennaio di un anno fa. Tre in più, velocità 2,315 punti a gara. Il Napoli (39, calcolando la classifica effettiva senza penalizzazioni) era settimo con 29, sotto il peso di una Champions logorante. Ora ne ha dieci in più. Velocità 2,052. Nel girone di ritorno, la Juve aggiunse 40 punti, chiuse in lieve flessione a 84, senza essere neanche sfiorata da impegni di Champions. Il Napoli, nonostante questi, recuperò: con 32 punti, balzò da 29 a 61, un finale deludente costò purtroppo l’amaro quinto posto, l’esclusione dalla Champions, una quarantina di milioni in meno. Ma si ricorda la sua cavalcata in primavera, fece a lungo sperare in una rimonta. Ora che cosa cambia? Velocità d’insieme e Champions. Corrono molto le squadre di testa, meno quelle di coda. Dai 20 punti in giù ci sono adesso ben otto club, l’anno scorso solo sei. C’era più equilibrio. Si presume che Juve, Lazio e Napoli mantengano una media alta. Lo scudetto è a quota 85-90. La Juve, già tre volte sconfitta, è dinanzi a una incognita: in negativo quanto inciderà la Champions? Il Napoli può invertire la domanda: in positivo quanto influiranno i tre attuali elementi di forza? Cavani, non più turbato dalle ansie del mercato, moltiplica milioni e gol, va a tassametro, più segna più incassa, De Laurentiis ne ha fatto un felice uomo-banca. Il Napoli ha Cavani con 16 gol, capocannoniere. La Lazio, Klose con 10. I primi juventini nella classifica dei bomber si incontrano a quota 6: Giovinco e Quagliarella. Vorrà dire qualcosa? Gli acquisti inevitabili hanno già dato una scossa: c’è l’effetto Armero. Ha aiutato il Napoli a battere la Roma senza muoversi da Udine. I due che rischiano il posto si sono svegliati: Zuniga modello di corsa essenziale e acume tattico contro la Roma, Maggio ha venduto l’anima per segnare un gol. Rilevante anche la concorrenza di Insigne: a Siena correva con la lingua di fuori Pandev, come un sanbernardo stremato da un soccorso alpino, contro la Roma lo stempiato fantasista è stato uno splendore di prontezza, genialità, tecnica. Terzo elemento di forza è Mazzarri, che rischiava di innamorarsi troppo delle sue teorie. In autunno il Napoli regalava il primo tempo agli avversari, la rimonta coincideva spesso con il cambio della linea di difesa, da 3 a 4. Era diventato un chiodo fisso: per l’allenatore che riteneva di aver brevettato quel modulo magico e lo difendeva a prezzi altissimi, in simmetria lo era per i critici, che attribuivano al monotematico assetto qualche insuccesso. Mazzarri, non avendo Cannavaro al centro, si è convertito a un calcio flessibile: adeguato agli avversari. Zuniga su Lamela, Britos spesso su Totti, Campagnaro tra Totti e Destro. Il Napoli è atteso da nove gare in 45 giorni. Ci si mette anche l’Europa League. Ma ormai Mazzarri non ripeterà l’errore più grave del suo malinconico autunno: dividere il Napoli in due squadre, di qua titolari appagati e inamovibili, di là i gregari con la sindrome dei bocciati, salvati sul ciglio del burrone da Cavani, Hamsik e Insigne. Sarà un razionale turnover. È stato dimostrato quanto la concorrenza migliori i giocatori. Meglio tenerli sulla corda. Al nuovo, convincente Mazzarri si può perdonare anche qualche eccesso in tv: esuberante com’è, lasciate che a fine partita s’inventi un nemico e un pretesto per litigare.
Fonte: Repubblica
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