Sono Cavani, decido io. Si legge questo in trenta minuti: dalla panchina corre in campo un uomo carico d’ira, un campione stanco di viaggi, sospetti, formalismi. Si leva una lingua di fuoco.
IL MISTICO Cavani ricorderà il suo sabato di forti emozioni. Dopo tutti i disguidi del lungo viaggio intercontinentale, con la maschera di chi è piegato dal supplizio attende in panchina per oltre un’ora il minuto promesso. Il 65’. Quando ricomincia la partita. Ci si mette Mazzarri, con un discutibile cambio. Lascia in campo Pandev e rimuove l’attivissimo Insigne. Il rispetto delle gerarchie fa del Napoli il paradiso della burocrazia. Ci si mette Cavani, con la manata che offre al Torino il rigore del 2-2 e qualche altro errore. Ma non conoscete Cavani né i poteri diabolici del campione irriducibile. Si occuperà lui si segnare il 4-3 e il 5-3, una doppietta per timbrare una vittoria che ha un altro insospettabile protagonista, Dzemali, centrocampista d’assalto, tre gol, chi l’avrebbe mai immaginato un suo ciclone? Il Napoli avrà sentito lo sguardo di Antonio Conte dalla tribuna come il più insidioso del raggi laser. Ormai staccato dalla Juve, raggiunto un’ora prima dal Milan al secondo posto, ha puntato finalmente sul più trascurato dei suoi talenti: Insigne, prima punta con compiti di manovra, evita i suoi logoranti rientri sulle zone esterne, per operare stavolta al centro, negli ultimi trenta metri, muovendosi in linee orizzontali. Pronto a fare da sponda in tutti i triangoli del gioco offensivo agevola gli inserimenti di Hamsik e il primo gol, il secondo in campionato di Dzemaili con una sassata. Quell’azione dà l’immagine di un Torino sbandato: un mucchio di difensori al centro dell’area e mezza porta senza schermo, con il portiere Gillet coperto. Una scena mandata a memoria: nella ripresa ispirirà Hamsik, per spingere Dzemaili a riprovarci, e riportare il Napoli in vantaggio. I movimenti di Insigne sono sempre sintonizzati sulle onde di Hamsik, lucido regista offensivo. Peccato che non abbiano il contributo da Pandev, di nuovo appesantito, più che alla partita sembra interessato ad immaginare l’imminente banchetto pasquale della sua avventura italiana. Si fa notare solo nel tentativo di scippare il rigore ad Hamsik, che ha difeso il suo diritto a calciarlo ma evidentemente disturbato per l’inopportuna interferenza ha scaricato il più banale e intuibile dei tiri. Ma non si definisce il rigorista prima di giocare? Con un Torino tecnicamente più impreciso che ruvido, Ventura ha riproposto inganni altre volte fatali al Napoli. Dietro il brasiliano Barreto, come un rimorchio, aggancia in asse verticale Vives, napoletano 33enne nato ad Afragola inventato da Zeman in età matura. Lanciato tra le linee, nella speranza di scomporre la vulnerabile difesa a 3, Vives però trova il pur disattento Britos a contrastarlo, e non Behrami come Ventura si augura. Barreto e Vives non hanno sufficiente sostegno, l’albanese Basha e Santana moltiplicano errori e ritardi, mentre sulle zone esterne Cerci incrocia un attento Zuniga. Sul versante opposto, un Maggio in ripresa copre con diligenza e smascherato un guasto tattico, il destro Darmian schierato a sinistra subisce l’esterno del Napoli meritando la sostituzione. Ma è Dzemaili a far riflettere. Con i tre gol premia la scelta di Mazzarri, costretto ad escludere Inler, uno dei giocatori più costosi e deludenti della sua ormai lunga gestione. Nel successo del centrocampista con vocazione ad inserimenti e tiri folgoranti concorre però il centrocampo del Torino: troppo modesto a centrocampo. Dzemaili ha potuto curarsi degli squarci per inserirsi, piuttosto che della costruzione razionale. Ma con avversari di inferiore rango e con Cavani gonfio di rabbia non c’è spazio per ragionare di tattica. Conte, vicino allo scudetto, non sa spiegarsi come con un Cavani così il Napoli non l’abbia seriamente disturbato. Merita uno squadrone.
Fonte: Antonio Corbo per “Repubblica”
La Redazione
C.T.
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