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Corbo: “Carlo Iuliano sentiva il Napoli ancora suo”

Per oltre quarant’anni ha dato notizie ai giornalisti. Quelle della città, cronista puntuale dell’Agenzia Ansa. E quelle del Calcio Napoli, è stato la sua voce ufficiale. Sempre cortese, ma sobrio nelle informazioni ai colleghi, asciutto, chiaro, lo stile e le premure dell’ufficio stampa di una grande società, non c’erano telefonini e siti web. «Sono Carlo, scusami, sei ancora in tempo?», ci inseguiva ovunque, fino a notte alta, e temeva che per il giornale fosse tardi. Mai una parola in più, un commento, la richiesta di scrivere o non scrivere. Cambiando tono, con l’ira di chi si ribella impotente, Carlo Iuliano, 71 anni, ha voluto dare anche l’ultima notizia. La sua. «Lo so, sono venuto a morire », si è consegnato all’ospedale per un banale intervento. La risata del bravo chirurgo amico, Gianni Barone, non l’ha rincuorato. «Lo so, devo morire». Ma che gli passava per la testa? Temeva di lasciare Anna, che ha molto amato, Milena e Raffaella, ma soprattutto la nipotina, in un altro ospedale di un’altra città. La spina nel suo grande cuore. Guarito, torna a casa. Lo inseguono oscuri pensieri, uno strano dépliant gli sembra un avviso di lutto. Un messaggio del destino. «Lo sanno tutti che devo morire». Un’emorragia gastrica, forse da stress, lo riporta quindi in ospedale. Assente ormai, con i suoi incubi, va in sala operatoria, poi in Terapia intensiva, dove la figlia Raffaella, giornalista anche lei, con quel viso disperato di bambina schiacciato sul vetro opaco della Rianimazione, aspetta per giorni un cenno. «Papà, ti prego, svegliati ». Con Raffaela, si erano illusi tutti. Ma Carlo se n’era già andato lontano, era in vita ma che vita era, quella vera gli aveva dato ingiusta la notizia, come una sberla, lo aveva strappato a se stesso, gli aveva detto in anticipo che per lui era finita. Carlo Iuliano non firmava, ma era amato dai tifosi. Discreto, leale, astratto, presentava eventi e personaggi di un Napoli che va da Lauro a Ferlaino, da Corbelli a Naldi, da Janich ad Allodi, a Marino, a Moggi che è volato ieri a Napoli per Carletto, da Chiappella e Pesaola fino a Vinicio, Di Marzio, Bianchi, Simoni, tutti gli devono tanto, da Sivori e Altafini a Maradona, che ieri all’Ansa ha confidato: «Piango per la morte di Carlo Iuliano, amico degli anni più belli, quelli trascorsi a Napoli, grande giornalista che ha svolto un lavoro importantissimo per noi e quindi ha vinto con noi». Fu il regista della grande festa in quel pomeriggio di sole pieno, luglio 1984, quando Diego fu presentato ai tifosi. Dai trionfi al crac, dagli acquisti alle crisi societarie, le bombe della camorra e due scudetti, c’è stato sempre lui. E Ferlaino l’ha ricordato. «Sono andato anche in ospedale. Speravo. Persona buona, mai uno sgarbo, non ha mai fatto trapelare nulla di quello che succedeva nella squadra, spesso metteva pace tra dirigenti e giocatori, sapeva tutto, e poteva solo lui scrivere un grande libro sulla nostra storia». Ciro Ferrara, poi: «Persone come lui, dietro le quinte, con un duro lavoro creano il clima per le grandi vittorie ». Chi esce dal Napoli riversa veleni e livori, Iuliano ha sempre elogiato e difeso anche De Laurentiis e Mazzarri nelle sue apparizioni in tv, perché erano del Napoli, e sentiva il Napoli ancora suo. De Laurentiis sul sito web del Napoli: «Indimenticabile Carlo, per impegno, passione, professionalità». C’è un ricordo anche sul sito dell’Ordine dei Giornalisti e su repubblica. napoli.it. Oggi alle 11.30 i funerali nella chiesa di San Vincenzo Pallotti a via Manzoni 1, verso corso Europa. Un abbraccio lungo quarant’anni, ciao Carlo.

Fonte: Antonio Corbo per La Repubblica

 

La Redazione

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