Ce ne sono voluti dieci per conoscersi meglio: i tifosi ed il presidente. Ora è chiaro a tutti lo stile della gestione: appena lo scudetto si avvicina, il club rallenta. Solo pochi mesi fa girava uno slogan. «Se non ora, quando?» ripetevano i tifosi, illusi dalla lite tra Juve e Conte. La contestazione di Torino sembrava cancellare 24 punti di distacco. Ma solo la Roma è ripartita per colmare i suoi 17 di ritardo. L’ultimo velo è caduto a Bilbao. Il Napoli ha sfidato non l’Atlhetic ma la logica. Cioè: rinforzi, quindi maggiori possibilità di entrare in Champions, la certezza di presentarsi più forte in campionato. Ha invece puntato sulla fortuna. Niente investimenti, solo la speranza di tuffarsi gratis in un mare di milioni, almeno 35. Che il Napoli non avesse ambizioni bisognava saperlo. Lo disse De Laurentiis in un lampo di verità. «Nel calcio il vero scudetto è un bilancio in attivo». È la linea guida del Napoli. Il presidente è un imprenditore coerente: non deroga da quel principio, prendere o lasciare. E va interpretato quando non parla. Che abbia individuato un punto magico di equilibrio dei conti, l’ha dimostrato più volte. Un campionato medio-alto a costi contenuti è, secondo lui, il rapporto migliore. A gennaio quando la classifica suggeriva di scommettere qualche milione in più per tentare davvero lo scudetto, il Napoli si è sempre tirato indietro, con un pretesto: «Mettiamo i soldi da parte, compreremo meglio a giugno». Bigon una volta spiegò il rinvio di un «acquisto già fatto» con problemi burocratici. Chissà, un timbro sbiadito alla frontiera. Significativo anche l’atteggiamento di De Laurentiis tra Federazione e Lega. Passava per visionario quando predicava riforme geniali ed urgenti. Ora è iscritto al gruppo di potere Lotito-Galliani all’ombra di Tavecchio. Non invoca più un supercampionato europeo che richiede supersquadre, ma sollecita un mercato senza limiti. Comprare ovunque a prezzi più bassi. È già il Napoli la squadra con più stranieri. Un sondaggio della Gazzetta dello Sport dà due pronostici contraddittori. Ma che fanno riflettere: Higuain capocannoniere, il Napoli quinto. Un grande bomber quindi penalizzato da una squadra irrisoria. Ma se lo scudetto è il bilancio in attivo, il Napoli l’ha già vinto. L’austerity demolisce tutti i progetti: settore giovanile, stadio nuovo, conferma di Benitez. In due parole: niente sogni. Il rigore economico è una scelta e non un’esigenza, lo dimostra la liquidità del Napoli e del gruppo che controlla la società. Neanche il museo del cinema realizzato con Della Valle l’ha scalfita. Iniziativa tutta finanziata da due gruppi bancari. È probabile che De Laurentiis abbia deciso una severa sobrietà analizzando la crisi italiana con riflessi immediati sul campionato di A: 1.600 milioni di debiti, 770 con le banche, 600 di sbilancio annuo, dipendenza dalle tv, sponsor in fuga. Uno scenario che scoraggia ogni investimento. Per il Napoli è già molto vivere in assoluta tranquillità finanziaria, ma ai tifosi questo non basta. Qui c’è gente felice di comprare sogni. Deve capirlo De Laurentiis. Sempre che non lasci per un po’ il volante a Maurizio Chiavelli, l’uomo dei conti. «Perché lo scudetto è il bilancio in attivo ». Buon campionato.
Antonio Corbo per la Repubblica
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