L’ex dg della Juventus Luciano Moggi attraverso operazioni di mercato «assicurava carriera e sostanziosi ingaggi a calciatori che erano legati a lui direttamente, facendo in modo che tutti i costi economici fossero sostenuti da società diverse da quelle che lui rappresentava». Così Giorgio Corbelli, ex presidente del Napoli che negli anni scorsi è stato ai vertici della società azzurra in coabitazione con Corrado Ferlaino, in un verbale di interrogatorio reso nel novembre scorso in qualità di persona informata dei fatti e depositato oggi al processo di calciopoli dai pm Giuseppe Narducci e Stefano Capuano. Corbelli sostiene anche che una retrocessione degli azzurri fu dovuta a svarioni di un calciatore indicato come «killer di Moggi». In primo luogo si sofferma sui rapporti tra Moggi e la società del Napoli con particolare riferimento alle campagne acquisti. Ricorda, tra l’altro, l’acquisto del 50 per cento di Amoruso per 10 miliardi delle vecchie lire e il prestito di Pecchia per un miliardo. «A questo – dice Corbelli – devono aggiungersi i costi notevoli degli stipendi da corrispondere perchè quello di Amoruso era di 3,5 miliardi netti, mentre Pecchia riceveva uno stipendio netto di circa un miliardo e 200 milioni. Moggi ci indusse a rilevare anche il cartellino del calciatore Salvatore Fresi che in quel momento era sotto contratto dell’Inter, ma in realtà era un suo uomo essendo assistito dal figlio Alessandro». Corbelli aggiunge che la scelta di Zeman come allenatore della nuova stagione in serie A «fu una indicazione proveniente da Moggi stesso, con il consenso di Pavarese e di Alessandro Moggi, tanto è vero che io venni convocato con urgenza a Roma, presso l’hotel Hassler, dove mi attendevano Ferlaino, Pavarese, Alessandro Moggi e lo stesso Zeman». «Altri calciatori contrattualizzati dal Napoli, su indicazione di Luciano Moggi furono Baccin, prelevato dalla Ternana e di cui la Juve deteneva il 50 per cento del cartellino e il calciatore Moriero, quest’ultimo prelevato dall’Inter insieme a Fresi». «Dopo questi acquisti – spiega Corbelli ai pm – Corrado Ferlaino mi disse che non avremmo più dovuto ingaggiare altri calciatori dell’orbita moggiana poichè il mio socio continuava a dirmi in privato che non dovevamo permettere a Luciano Moggi di superare una certa soglia di potere all’interno della società Calcio Napoli poichè altrimenti alla fine sarebbe stato lui ad avere il controllo della squadra». L’ex presidente del Napoli parla poi del no opposto da lui e da Ferlaino all’ingaggio dell’ «ignoto calciatore uruguaiano Paceco», il cui costo del cartellino era di 10 miliardi. «Il rifiuto a portare a termine l’operazione Paceco – dice Corbelli – segnò il primo forte momento di rottura e di distacco con Luciano Moggi al punto che immediatamente Alessandro Moggi, che percepiva uno stipendio annuale di 180 milioni di lire, abbandonò il suo incarico chiedendo di rescindere il contratto». Ricorda poi che «Zeman ebbe subito contro il gruppo dei cosiddetti 4 senatori della squadra ovvero Amoruso, Pecchia, Moriero e Fresi e Ferlaino voleva esonerare Zeman già dalla terza partita di campionato ovvero Napoli-Bologna». «È noto – sottolinea in seguito Corbelli – che al termine di quel campionato il Napoli retrocesse di nuovo in serie B ed io più volte pubblicamente ho accusato il calciatore Salvatore Fresi di essere stato il ‘killer di Luciano Moggi’. Per queste mie affermazioni non sono stato mai querelato nè da Fresi nè da Moggi». «Ho un vivo ricordo di due partite che a mio avviso possono servire a comprendere perchè definisco così Fresi. La prima è Verona-Napoli incontro nel quale Mondonico (subentrato a Zeman, ndr) sostituì Pecchia con Fresi che entrò all’80’ e commise, nei dieci minuti finali, due lisci clamorosi. Il Napoli era andato in vantaggio con Bellucci al 77′ e nei 10 minuti di permanenza in campo di Fresi, il Verona rovesciò il risultato vincendo 2-1. Il secondo episodio è altrettanto clamoroso poichè si riferisce alla partita Napoli-Brescia, quando mancavano 3 partite alla fine del campionato. Mondonico aveva raccomandato ai calciatori di essere attentissimi a non commettere falli dal limite dell’area perchè le punizioni del Brescia venivano battute da Roberto Baggio e dunque erano pericolosissime. Al 91′ Fresi che era di spalle sgambettò Diana al limite dell’area, Baggiò segnò battendo la punizione e la parità terminò 1-1 praticamente determinando la nostra retrocessione».
La Redazione
C.T.
Fonte: Il Mattino
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