Il dubbio c’è e si vede: perché in quell’orizzonte accattivante, con lo sguardo perso verso Roma, ci sono uomini soli e a interrogar persino se stessi. Si cambia, ma sì: però dove e quanto è impossibile prevederlo, mancando gl’indizi dei fratini; è il metodo-Benitez e serve per cercar di prendere il meglio da ognuno, è la strategia della “massima tensione” da strappare attraverso l’assoluta assenza di messaggi subliminali. Il passepartout per un pizzico di gloria è in quella Napoli-Lazio da vivere tutta d’un fiato, sin dalla vigilia, depurata da qualsiasi indicazione, affinché si resti in gioco (mentalmente) sino alla canonica comunicazione delle 17.30: ventidue convocati, c’è spazio e (teoricamente) possibilità per chiunque, tranne per l’influenzato Armero, ormai un ospite ch’è in attesa degli eventi.
IL PEPE – Reina, per cominciare: che è uscito dolorante come un amabile, carissimo “vecchietto” a Cagliari, il 22 dicembre, e poi ha sistemato la schiena, l’ha raddrizzata, per rilanciarsi a modo suo, in coppa Italia. A lui la porta e a Maggio, a Fernandez, ad Albiol ed a Reveillere la linea difensiva: è una deduzione logica, affidata alle abitudini di Rafa, alle fiducia ad oltranza riposta nella coppia dei centrali ed all’assenza assoluta di alternative per gli esterni.
IL DEB – Il ballo di Jorginho stavolta comincia subito, dal fischio d’inizio: perché lo suggerisce lo stato di affaticamento dei due mediani, perché ci sono opportunità a cui non ci si può sottrarre per esaminarsi, perché le geometrie sono utili e forse persino indispensabili. L’altra faccia della metà campo sembra, inevitabilmente, quella di Gokhan Inler, che ha maggiore interdizione rispetto a Dzemaili e che contro il Chievo, nonostante l’ansia trasmessagli addosso, è andato crescendo. Le possibilità d’una staffetta svizzera vanno sistemate nel conto delle previsioni, e non sarebbe un azzardo, e però c’è anche Radosevic, nel caso serva.
QUEI TRE – E’ là in mezzo, nella cosiddetta terra di nessuno, che c’è da attingere a piene mani: cinque uomini per tre maglie e le indicazioni, attraverso il minutaggio, che spingono a ritenere le scelte fatte. Hamsik sta bene, quasi benissimo, però va tenuto presente l’appuntamento con l’Atalanta, e il rischio di affaticare troppo un calciatore appena rientrato: Pandev gode di fiducia illimitata, quando intravede Lotito si carica, e le motivazioni a volte possono consegnare una maglia da titolare; quella di destra è di Callejon, indistruttibile, principino di coppa con la doppietta nel primo turno; quella di sinistra può appartenere ad Insigne, che ha nelle corde i guizzi per far male, per creare la superiorità, per andare all’uomo contro uomo e far scattare la differenza di passo.
IL BOMBER – Per tentar di risolvere partite secche, evitando di passare (magari) dal rischio dei supplementari, occorrono certezze: Gonzalo Higuain ne offre in quantità industriale, ha una fame da leone che gli ha scatenato l’erroraccio contro il Chievo, non segna su azione dal 15 dicembre ed è, per un bomber del suo spessore, un ritardo esagerato, che mal si sposa con la tendenza da cinico. Ma l’organico consente di riflettere e di concedersi un’analisi approfondita: c’è sempre un cuscino, per Benitez, sul quale poggiare i propri sogni d’oro…
Fonte: Corriere dello Sport
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