Un martedì all’insegna del caos, un botta e risposta continuo, prese di posizione e ripensamenti repentini, sortite dialettiche e immediati dietro-front. Per poi scoprirsi tutti d’accordo sull’unica soluzione possibile: Juve-Napoli, finale di Coppa Italia, si giocherà il 20 maggio allo stadio Olimpico. Com’era scritto sul calendario, com’era logico che fosse. La parola fine arriva a metà pomeriggio, la scrive – anzi, la pronuncia – Maurizio Beretta, il presidente della Lega Serie A attraverso l’Ansa: «Voglio chiudere la porta ad ogni tipo di equivoco o dubbio. La finale di Coppa Italia si giocherà allo stadio Olimpico di Roma. Stiamo lavorando e continueremo a farlo nei prossimi giorni, per garantire al più alto numero possibile di tifosi di partecipare a questo evento. Su questo sono d’accordo con il presidente del Coni» . Eppure i colloqui a distanza tra Beretta e Petrucci erano stati di tutt’altro tono.
LA QUERELLE – La prima mossa, che poi si è rivelata strategicamente determinante, è stata quella di Gianni Petrucci, presidente del Coni e quindi “padrone di casa” allo stadio Olimpico. A metà mattinata dal Campidoglio ha lanciato un chiaro segnale: «Stiamo valutando la possibilità di non concedere lo stadio Olimpico per la finale di Coppa Italia. Tutto questo scaturisce dalle troppe polemiche di questi giorni» . Poco più di tre ore più tardi, siamo alle 14.59, Beretta affida la risposta della Lega Serie A alle agenzie: «La finale di Coppa Italia è un evento di straordinario richiamo e merita uno stadio che consenta al maggior numero di tifosi di assistervi. Noi lavoriamo perchè questo si realizzi» . Aggiungendo: «Mi pare evidente che la definizione di tutti questi aspetti è importante alla fine della scelta» .Un passaggio, quello della “scelta”, che Petrucci non ha gradito. Neanche un’ora dopo ha affondato il colpo: «A questo punto pensassero ad un altro stadio, per noi il discorso è chiuso. Pensavo che le lettere di richiesta per l’utilizzo dello stadio e le riunioni svolte dalla Lega all’Olimpico fossero ufficiali, non formali» . L’epilogo pochi minuti prima delle 17, con l’annuncio di Beretta: fine della telenovela, si gioca a Roma. Ma c’è ancora tempo per la stoccata di Abete, presidente della Federcalcio: «Una brutta pagina scritta dalla Lega di A, che per fortuna è stata superata con un rinsavimento finale» .
RETROSCENA – «Era chiaro che avremmo giocato la finale a Roma» , ha spiegato poi Beretta in serata, raggiunto telefonicamente. D’altra parte non solo erano partite le lettere di richiesta al Coni di utilizzo dell’impianto ma era già stato inviato al Quirinale l’invito ufficiale al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Difficile immaginare un atto più formale e vincolante di questo. Al di là del botta e risposta mediatico, Beretta e Petrucci hanno avuto contatti diretti nell’arco della mattinata, con la telefonata del primo pomeriggio che ha chiuso la querelle. Ovviamente sono scesi in campo anche i due presidenti, Agnelli e De Laurentiis. L’hanno fatto pubblicamente ma anche con colloqui privati. Il numero uno della Juve, Andrea Agnelli, ha parlato telefonicamente sia con Petrucci che con Beretta. La linea del club bianconero è chiara: giusto giocare a Roma sia per il valore simbolico (la Coppa Italia assegnata nella Capitale, l’inno, la premiazione con Napolitano) che per il rispetto di un calendario varato da tempo.
OSSERVATORIO – Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, ha avuto una cordiale colloquio telefonico con Petrucci, ha avviato contatti con i vertici di Trenitalia per agevolare la trasferta dei tifosi azzurri, poi ha partecipato alla riunione del Casms, propedeutica al vertice di domani dell’Osservatorio. In quella sede saranno prese le decisioni sulla sicurezza e le eventuali restrizioni come l’accesso riservato ai possessori della tessera del tifoso. Un’ipotesi che vede il Napoli fortemente contrario.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.