Leader di ritorno. Leader che con l’Udinese tornano in ballo, dal primo minuto, come natura (azzurra) vuole e chiede: Paolo Cannavaro a comandare la difesa; Christian Maggio a dominare la destra. A dare sostanza e sicurezza. Ad aumentare il tasso di pericolosità. Sarà un caso, ma quando manca gente come loro, il Napoli perde qualcosa. Anzi, no: non è un caso.
I MINUTI – Dunque, i numeri: presenti 8 volte tra campionato e Champions. Otto le presenze di Cannavaro, titolare di 720 minuti (esclusi recuperi) e di due riposi da turnover in trasferte di campionato (a Verona con il Chievo e domenica a Cagliari); otto le partite di Maggio, con 621 minuti di corsa (recuperi a parte), costretto al riposo forzato con la Fiorentina e il Villarreal in Champions per un affaticamento muscolare rimediato a Verona. Tra i più presenti, sicuramente tra i più decisivi per tanti motivi: dalla qualità all’equilibrio. Agli equilibri di squadra: in campo e nello spogliatoio.
I SILENZI – Caratteristica simile di questi due italiani di un Napoli tanto poliglotta è la capacità di trasmettere serenità con il silenzio. Condito dai sorrisi e dall’affabilità, certo, ma pur sempre silenzio è: parlano poco, o forse è meglio dire che non appartengono alla truppa degli esuberanti, ma l’impegno e la professionalità di entrambi sono patrimoni speciale. Rari davvero. Non è un caso che, una volta, Mazzarri definì Maggio “l’unico insostituibile” , e che ormai di Cannavaro si fidi come una sorta di vice allenatore in campo. Un po’ il discorso di Aronica, che del tecnico è lo specchio fatto giocatore. Paolo e Christian non alzano la voce, ma in campo fanno la differenza. C’è poco da fare e da obiettare.
LA CUOCA – L’intesa tra i due è perfetta anche fuori, in borghese: amici sul serio. Amici insieme con Lucarelli, De Sanctis e Totò da Palermo, che della band è l’anima guascona con la battuta pronta. Amici dentro e fuori, dicevamo. Compagni di tavola: pizze e pesce in centro, da Terrazza Calabritto e Regina Margherita, e poi cene a casa Cannavaro, dove a regnare è lady Cristina, la moglie di Paolo che tra i fornelli si destreggia come una funambola. Gruppo, sempre e comunque. Chilometri prima del San Paolo.
IL CAMBIO – Gli stadi, però, restano i palcoscenici prediletti. L’habitat naturale. Sono il pane quotidiano: e se a Cagliari il capitano ha osservato un riposo motivato soprattutto dalla squalifica di Champions – con le prove di difesa a tre senza di lui perno centrale -, appena Maggio ha messo il piede in campo, la partita del Napoli è cambiata. In termini di pericolosità e affondi, di idee e spunti: che momento di forma meravigliosa, quella dell’ala azzurra. Che passo, che gamba, che intelligenza tattica: in difesa e in attacco, Christian fa la differenza. Tatticamente intelligente come pochi. Tecnico e atletico. Il miglior esterno destro del panorama.
L’ASSENZA – Il collega, invece, è rimasto seduto a riposare. E non è un torto al giovane Fernandez, che ha dimostrato di avere stoffa, dire che con Cannavaro in campo la difesa, o meglio la compattezza e la tenuta difensiva del Napoli sono di un altro spessore: Federico d’Argentina si farà, crescerà, ma il capitano sta vivendo ormai da qualche anno la stagione della maturità. Un punto di riferimento: responsabilità, scelte, interventi. Da leader. Gli farà male, certo, ma è impossibile non ripetersi quando si parla di lui: la Nazionale sarebbe l’unico premio meritato. Ma tant’è.
LA CHANCE – E allora, sotto con l’Udinese. Sotto con la prima in classifica e con avversari come Di Natale e Armero: la partita di domani è già uno scontro diretto che gli azzurri vogliono (e devono) vincere per restare lì, a guardare la vetta del campionato. Che chance, che occasione: da non perdere. Loro, Cannavaro e Maggio, ci saranno. Dal primo minuto. Come natura (azzurra) vuole.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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