Oddio, il timer (impazzito) esprime la par condicio in modo inequivocabile; e il turn-over è stato ossequiato in lungo e in largo; e poi, però c’è anche da tener presente lo stato di salute, la verve. E allora, che fare: mica si può far riposare per il gusto di farlo o per assecondare la teoria? La vita è tutta un quiz e quella di Mazzarri, nel gelo di Castelvolturno, mentre il vento sconvolge non solo i capelli ma pure gli interrogativi, una domanda insegue l’altra e poi è un gran correre in mezzo al campo.
LE CERTEZZE – Del doman… Qualcosa si intuisce, tra le pieghe della vigilia, e però si va a naso, intrufolandosi tra le abitudini di un tecnico che in due anni e mezzo ha dimostrato di rispettare il senso pieno delle gerarchie determinate dal campo: dunque, De Sanctis in porta e, davanti, Campagnaro-Cannavaro-Aronica, ormai un muro granitico, centottanta minuti senza prendere gol dopo aver sofferto le pene dell’inferno. E’ la retroguardia più utilizzata, è un terzetto che procede fianco a fianco ormai da tre stagioni e che se ne sta dolcemente tra le mani d’un portiere che ha abbassato la propria saracinesca. E poi, le scelte, come recitano le liste dei convocati, si ripetono: alle spalle dei titolari, ci sono Fernandez e Britos; e Grava e Fideleff, per il momento, restano a guardare, consapevoli di poter avere un giorno qualche chanches o una gratificazione, come accadde al difensore casertano contro il Villarreal, in Champions.
I DUBBI – La maglia di Gargano è (simbolicamente) fradicia: corre e sgobba, non salta una partita in campionato da Novara, era un precario ed è diventato inamovibile. Può farla asciugare, perché gli tocca ancora. E, con lui, Maggio, che può pure avere qualche umanissimo problema di freschezza, ma che a Mazzarri garantisce la conoscenza dello spartito a memoria. Si cambia, ma per modo di dire, perché rispetto a San Siro, gattopardescamente, si modifica affinché resti tutto immutato: anche la cerniera di sinistra, con Dzemaili e Zuniga in vantaggio – di poco, però un filino avanti – rispetto ad Inler e a Dossena, che poi potranno avere il Chievo a disposizione per sfogarsi e riafferrare il piacere del ruolo da titolari.
VALZER SULLE PUNTE – Cinque attaccanti (quattro autentici, uno di maniera), tre posti: si danza, inevitabilmente, e si lancia nel pensatoio ogni dettaglio. Hamsik è l’uomo degli equilibri, non si tocca – almeno in trasferta no – e poi è in fase evolutiva; un Cavani che sa sempre come si fa (tranne a San Siro, quanto gli brucia quel pallone!) diventa indispensabile e poi, dopo il rigore sprecato in campionato, magari ha dentro una voglia matta; si resta con Lavezzi, Pandev, Vargas e pure Chavez (inserito tra i venti) non casualmente enunciati in quest’ordine, che appare preferenziale. Il Pocho di Milano è il parente lontano del solito Lavezzi dell’ultimo quinquennio ma gli allenatori hanno parametri diversi: vivono il campo, ragionano sulla psicologia, scavano nell’io, lanciano messaggi ed opportunità e poi tentano anche di scuotere l’orgoglio. Pandev sta bene e può rappresentare la soluzione alternativa, a partita in corso e con avversario un pochino stanco di dover stare incollato ai guizzi proprio di Lavezzi, alla sua sete di riscatto, alla sua ritrovata verve.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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