Scusi lei, che ne direbbe di un’altra Champions? «Ma certo, perché no? Ben venga, anzi noi non ce la faremo sfuggire» deve aver pensato. Perché lui sa di cosa si tratta, lo sa molto bene, dopo le quattro già disputate in carriera con Lazio, Inter e Napoli, di cui quella messa in bacheca coi nerazzurri tre stagioni fa. Kung Fu alla riscossa non appena ha sentito sempre più intenso il profumo delle notti europee, ma quelle della coppa con le orecchie mega. Kung Fu letteralmente scatenato in epilogo di campionato, tanto da lasciare gli scettici (ora pressoché azzeratisi) durante ogni partita (delle ultime) sempre più a bocca aperta. A ricredersi per forza di cose, a domandarsi dov’era in quei tempi morti (anche piuttosto lunghi) quel giocoliere che, oltre ad ammaliare, a sedurre con numeri d’alta scuola, riesce anche a tradurli in praticità e cinismo. A dare le ultime stoccate vincenti per l’ingresso in Champions dalla porta principale, unendo i suoi fendenti a quelli dei vari Cavani, Hamsik, Dzemaili. Micidiali quando c’è stata l’urgenza di chiudere la pratica.
LA POSIZIONE – E non solo gol per il macedone, ma anche tanti assist, scaturiti da un’applicazione in campo encomiabile, ben quattro nelle ultime nove partite (sette in tutto in campionato). Una forza della natura ritrovata, dopo aver trovato la posizione migliore in quel 3-5-1-1 che lo ha messo in condizione di agire più arretrato, ma più vicino al signore del gol, il Matador. Postazione utile e preziosa per fare tante belle e deliziose cose. Far salire la squadra, o smistare subito per Cavani, o allargare celermente, o partire in quarta e provare a sfondare e concludere di persona. Visto che tutte queste utili cose riesce a farle presto e anche bene. Dopo aver rifilato l’ultima rete al Pescara non ha infatti tirato i remi in barca, ma ha continuato a dispensare assist: ben due per Edinson contro l’Inter (e l’ubriacante dribbling su Ranocchia prima del rigore conquistato da Zuniga) probabilmente la sua migliore partita stagionale. E poi quello col Siena, colpo di flipper a tre, fra Lorenzo, Goran e Marek. Tre tocchi di velluto azzurro, l’ultimo in porta. Gli avversari aggirati come birilli.
L’OLIMPICO – Ci fu un tempo in cui l’Inter credette fermamente in lui acquistandolo appena diciassettenne, per poi fargli fare le ossa un po’ in giro (Spezia e Ancona) e cederlo alla Lazio, con cui furono prima rose e fiori ma alla fine solo dissapori. All’Inter di nuovo, da figliuol prodigo, il Triplete sotto l’ala protettrice di Mourinho, e poi l’azzurro. «Il posto giusto al momento giusto. Avevo fame di tifosi che mi facessero sentire importante» parole dette col cuore e sempre confermate anche quando le cose non riuscivano a prendere la giusta piega. E la gratitudine di De Laurentiis: «Goran è un ragazzo perbene» quando lo stesso si ridusse l’ingaggio di circa un milione (sino a 2,2) pur di giocare nel Napoli. Va da sé che lo stadio dell’ultima di campionato per gli azzurri, l’Olimpico (è squalificato Insigne), dove ha disputato tanti derby (con la Lazio), ma dove soprattutto ha alzato (anche lui) al cielo la Coppa Italia (l’ultima delle quattro vinte), sarà foriero di tanti ricordi. Di tutti i tipi e colori. Ma, adesso, ce n’è uno solo nella sua mente. Felice di restare.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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