L’oro di Napoli è in quel trilogy abbagliante, un fascio di luce che scalda da sé: e mentre il pallone sta per cominciare e rotolare, con un dentro un bel carico di pathos, la scia luminosa va seguita, per farsi guidare. L’aritmetica è oramai un’opinione diffusa tra Cavani, Hamsik e Pandev, i tenori a cui s’è percettibilmente legata una squadra improvvisamente scopertasi sull’orlo d’una «crisetta» di risultati: è la somma che fa la differenza e in quella produzione industriale di gol, nella ferocia da «cannibali» mostrata in casa e in trasferta, c’è la sintesi d’una dipendenza inevitabile da quei fenomeni paranormali che cento ne fanno e altrettanto ne pensano.
MATAD’OR – E stavolta no, impossibile «disertare»: e quando Napoli-Torino sta per cominciare, rispunta (ovviamente) el matador, l’uomo dei sogni rimasto in infermeria con il Chievo e a Bergamo, Sua Maestà il bomber che viaggia su vette irraggiungibili, sessantasei nelle prime due stagioni e otto (di cui sei campionato) in quella in corso. Il Napoli è di Cavani, del suo atletismo, della straripante fisicità, dell’eleganza nella corsa, del modernismo nell’interpretazione del ruolo e dell’istinto da centravanti vecchia maniera: la sintesi perfetta per essere inserito, e di dritto, tra le stelle da continuare a guardare con ammirazione.
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