Però! E vabbè sono amichevoli: ma servono per capire, per leggere tra le pieghe d’una squadra, per scorgere i volti nuovi, i loro pregi e i probabili difetti, per afferrarne le capacità di miglioramento e l’addattabilità allo schema, persino all’ambiente. Però! Un’ora e mezza a stropicciarsi gli occhi, mentre il Paok – va sottolineato – se ne sta spesso nascosto dietro la linea del pallone, galleggia nel 4-3-3 ch’è utopia perché poi lascia scivolare gli esterni offensivi sulla linea dei mediani, infine si sistema con una diga e dunque fa solo il solletico: ma quando serve, raramente, Kalidou Koulibaly è lì, ha lo scatto di un’antilope o di un giaguaro o di chiunque possa sintetizzare fantasiosamente un accosamento.
L’UOMO C’E’. E’ rapido ed è pure veloce, e fa niente se c’è massa muscolare che regge una stazza da un metro e novanta: le movenze tradiscono l’elasticità del corpo, un preponderante atletismo che stavolta sì l’avvicina ad un centrometrista. La legittima difesa va addobbata non solo di centimetri ma pure d’intelligenza, di intuizioni, di autorevolezza e il ragazzino, perché di anni ne ha ventitré, non s’è lasciato sfiorare dall’emozione del debutto nel san Paolo: petto in fuori e testa alta, ha sfidato lo stress da prestazione, s’è sistemato al fianco di Albiol lasciandosi guidare e poi quando ha capito di averli già conquistati, perché in campo s’avvertono pure i sospiri, s’è pure concesso qualche licenza «poetica» che dia un senso ai sette milioni di euro investiti per averlo dallo Genk.
CHE FORZA! Però quel Koulibaly, una notte intera per scacciare via i dubbi e persino per infondere fiducia nei circa ventimila del san Paolo: perché, certo, era gara priva d’agonismo, ma certe caratteristiche emergono e pure la voracità di far bene e subito, di colpire l’attenzione generale, dunque di essere «attivo» da subito. Koulibaly è il Thuram in sedicesimi in salsa partenopea, l’esponente massiccio d’una categoria d’elementi a cui non piace chiedere mai, la sintesi d’un calciatore che va completato, formato, tatticamente educato a rispettare rigorosamente la linea difensiva ed i movimenti richiesti da Benitez quando «s’attacca» il possessore di palla o quando s’indietreggia, ma è innanzitutto il rassicurante messaggio d’affidabilità lanciato attraverso novanta minuti da «paura».
CHE SFIDE! Indietro c’è ressa: Albiol e Fernandez, Henrique e Britos e adesso anche Koulibaly; c’è una distribuzione quasi equa (due destri naturali: l’argentino e il brasiliano; due sinistri: il francese e l’uruguayano; uno spagnolo che sa giocare con un piede e con l’altro) e gerarchie che possono essere riscritte. Però, quel Koulibaly…
Fonte: Corriere dello Sport
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