Antonio Conte, Pep Guardiola, Mauricio Pochettino sono solo tre degli allenatori al top in Europa che nei mesi scorsi, per un motivo o per l’altro, sono stati accostati alle squadre italiane. Coach da stipendi esorbitanti e per questo sempre accostati con più o meno cautela alle big del nostro calcio.
Per Conte si parla di Inter, Roma e Milan con alterni favoriti nella corsa; l’asso catalano è stato accostato alla Juventus per un eventuale post Allegri; mentre per l’argentino del Tottenham si era parlato di Milan. La domanda in ogni caso era sempre spontanea: chi può permetterseli in Italia? Risposta, nessuno. Forse la Juve, ma con enorme sacrificio. Questo fino al nuovo “Decreto Crescita” (Decreto legge n. 34) pubblicato lo scorso 30 aprile sulla Gazzetta Ufficiale.
Brevemente, la normativa prevede una tassazione agevolata per gli “impatriati” cioè coloro che a partire dal 1° maggio si trasferiscono in Italia non avendo risieduto in Italia negli ultimi due anni, tassando solo il 30% del compenso da lavoro dipendente per cinque anni, con il solo vincolo di rimanere in Italia almeno 24 mesi. Va da sé che Guardiola, Pochettino e tutti i tecnici stranieri rientrerebbero nella cornice normativa, ma anche Antonio Conte che dal 2016 al 2018 – ma tutt’ora vive a Londra – ha allenato il Chelsea.
[Conte e Guardiola in Serie A: con il “Decreto Crescita” non è più un sogno]
Secondo la ricostruzione e i calcoli di Marco Bellinazzo per Il Sole 24 Ore, prima di questo decreto ingaggiare uno come Conte per la panchina sarebbe costato a un club di Serie A circa 20 milioni all’anno (ipotizzando uno stipendio netto da 10 milioni), mentre con il nuovo decreto a parità di ingaggio netto costerebbe alla società 12-13 milioni di euro visto che sarebbe tassato al 43% solo il 30% del reddito.
E addirittura – sempre secondo Il Sole 24 Ore – ci sono team che potrebbero pagare ancora meno: il beneficio fiscale è stato ampliato al Sud. Il Napoli oppure il Lecce, in procinto di tornare in A, dovrebbero effettuare ritenute soltanto sul 10% dell’ingaggio corrisposto. A loro Conte costerebbe 11 milioni o poco più. Praticamente la metà rispetto al passato. La nuova norma vale anche per i calciatori.
Una norma per far rientrare i “cervelli” italiani in fuga all’estero ma che, così com’è stata per ora scritta in attesa della conversione parlamentare, apre le porte anche a lavoratori stranieri, quindi i vari Guardiola e Pochettino o i calciatori, perché si parla genericamente di lavoratori che non abbiano risieduto in Italia negli ultimi due anni, senza sancire che in precedenza ci abbiano abitato per un certo periodo. Una “legge Beckham” all’italiana, come accaduto in Spagna ma senza il limite dei 600mila euro minimi di guadagno.
Fonte: Sport Mediaset
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