I problemi di febbraio e inizio marzo sono stati archiviati come “momento-no”, ma un mese e mezzo senza vittorie deve pur avere delle cause, che vanno individuate e affrontate per tempo. L’Atalanta è una di quelle squadre che danno fastidio al gioco azzurro, quindi meglio non affidarsi al caso e pensare a qualche soluzione per scardinare la difesa bergamasca.
Che una partita possa essere stregata, può capitare. Che in un’altra si possa sbagliare approccio, pure. Ma se per un mese e mezzo fra coppa e campionato arrivano solo pareggi e sconfitte, che significano uscita dall’Europa e avvicinamento minaccioso del Milan al secondo posto, allora qualcosa non va. E un allenatore non può soltanto incolpare la sfortuna ed attribuire al caso un periodo così lungo senza vittorie, ma soprattutto senza gioco. Piuttosto, occorre tempestivamente pensare a come invertire una rotta che va nella direzione sbagliata. Invece, l’attesa è stata già troppo lunga, soprattutto se si considera che la qualità del calcio espresso dal Napoli nelle ultime settimane ha subito un calo vertiginoso e preoccupante. Da tempo non si vedono manovre articolate e ariose, tanto meno azioni verticali performanti; al contrario, il leitmotiv è diventato una costante imprecisione nei passaggi, scarso movimento senza palla e una grave sterilità del reparto offensivo. Problemi durati già troppo e che vanno assolutamente risolti al più presto, se non si vuole rischiare di perdere anche il secondo posto in campionato.
Mazzarri deve fare i conti anche con diversi deficit specifici: al di là del tormentone sull’astinenza di Cavani, che d’altronde dipende dalle lacune alle sue spalle, si è vista un’involuzione di diversi elementi, su tutti Inler, davvero disastroso nel ruolo di playmaker; anche Insigne non riesce più a brillare, mentre la forma atletica di Pandev non accenna a migliorare; le fasce non producono cross significativi da tempo immemore, e persino Hamsik sembra un po’ annebbiato. La difesa, salvo qualche sporadico svarione, regge invece benino, mentre l’unico a non tradire mai è Behrami.
Proprio Inler sembra destinato alla panchina, necessaria se non si trovano alternative tattiche per far rendere al meglio lo svizzero (che tuttavia, da quando è stato acquistato, non ha quasi mai vissuto il lusso di una variazione di assetto che gli permettesse di trovarsi a proprio agio). Anche Insigne forse partirà da bordo campo, per lasciar spazio a Pandev, nella speranza che il macedone riesca ad esprimersi su livelli atletici accettabili. Se per la difesa non ci sono dubbi (Britos non recupera, al suo posto Gamberini), le fasce potrebbero riservare qualche sorpresa: uno fra Armero e Mesto potrebbe far rifiatare uno fra Maggio e Zuniga.
Nell’Atalanta i dubbi riguardano l’impiego dell’ex Cigarini, non al meglio, che potrebbe essere rilevato da Giorgi (fascia destra), spostando così a sinistra Bonaventura (di solito dietro le punte). Maxi Moralez o Livaja dietro o accanto a Denis, altro ex di lusso.
Queste le probabili formazioni:
L’Atalanta ha le caratteristiche che solitamente creano grattacapi al Napoli: è una squadra quadrata e chiusa, ordinata e prudente, in stile Chievo. E come il Chievo, negli ultimi anni ha regalato non pochi dispiaceri a Mazzarri. Denis è la minaccia principale ma saranno le ripartenze ad impensierire Cannavaro e compagni. Il rischio principale, però, è lo 0-0, risultato che ai nerazzurri di Bergamo andrebbe più che bene. C’è da aspettarsi un avversario cauto e scaltro, pronto a colpire se e quando ce ne sarà l’occasione, ma soprattutto attento a non subire. L’Atalanta tende a prevalere sul piano del ritmo: corsa e agonismo non dovranno essere inferiori da parte dei padroni di casa. Contromisure a parte, il Napoli dovrà controllare il possesso e imporsi, cercando al più presto il vantaggio per poter gestire la gara. Fondamentale creare alternative, sperando che le ali rendano al meglio e che Pandev sia in giornata: alternare gioco sulle fasce e verticalizzazioni centrali con gli inserimenti di Dzemaili, Hamsik e Pandev è il modo migliore per sorprendere e scalfire la retroguardia atalantina.
A cura di Lorenzo Licciardi
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