Napoli alle corde per più di un’ora, poi una reazione d’orgoglio consegna a Mazzarri un pari preziosissimo. Lo stesso allenatore azzurro ha ammesso di aver visto la squadra in difficoltà, ma la sensazione è che con qualche minuto in più a disposizione il Napoli avrebbe potuto anche trovare il colpo del KO.
Si conceda un paragone un po’ pacchiano con un’icona del mondo cinematografico-pugilistico: il Napoli visto allo Stadio Olimpico sembrava Rocky Balboa. Perché le ha prese di santa ragione per un’ora, ma anche in quel frangente qualche doloroso gancio di traverso lo piazzava; perché ha lasciato che l’avversario si scatenasse fino all’esaurimento, ma è rimasto in piedi anche quando sembrava spacciato; e perché dopo averne prese così tante, proprio all’ultimo è riuscito a riprendersi e a restituire le botte, tutte insieme. E con un altro round a viso aperto forse avrebbe potuto anche trovare il sinistro della vittoria. Il primo quarto d’ora è stato da incubo: la Lazio sembrava gigante e potente come Ivan Drago, il Napoli un piccolo Balboa nell’arena ostile del nemico, in balia di un uragano atletico troppo travolgente per essere contenuto. I ritmi forsennati dei padroni di casa hanno disorientato completamente gli azzurri di mister Mazzarri, che al suo angolo si disperava e non sapeva più dove guardare. Alle corde per quasi venti minuti (e poi per i primi quindici della ripresa), il Napoli non riusciva a uscire dalla sua metà campo, sbagliando ogni appoggio e lasciandosi schiacciare nella propria area. Non solo errori di misura ma anche pericolose sviste nei retropassaggi o nei rilanci difensivi, da ultimo il dribbling goffo di Cannavaro nel finale di gara: proprio quando i suoi si erano ormai ripresi, il capitano ha rischiato di combinarla grossa. Paolo è stato ieri il più confuso dell’undici partenopeo: Floccari ha fatto quello che voleva, con un gol, un palo e propiziando la rete annullata a Biava. Ma anche il Napoli, pur soffrendo, ha piazzato i suoi colpi in una partita molto meno prudente del previsto: la traversa di Cavani e un rigore dubbio non concesso hanno messo paura ai biancocelesti di Roma.
Ma il primo tempo del Napoli è stato da dimenticare: persino Behrami è mancato all’appello (per la prima volta nella stagione), accompagnato da Hamsik e Pandev, impalpabili e imprecisi. Inler era forse il peggiore di un centrocampo del tutto sopraffatto da quello avversario, superiore non solo per numero ma anche per qualità e corsa. In verità tutta la Lazio sembrava correre tre volte più veloce degli ospiti, con un’unica consolazione per Mazzarri, ovvero il pensiero che prima o poi la benzina dei laziali doveva finire. Ma l’intervallo ha permesso ai padroni di casa di ricaricarsi, tanto che sono rientrati in campo con la stessa aggressività agonistica, lo stesso pressing incessante e le stesse folate arrembanti della prima frazione.
La svolta è stata invece l’infortunio di Behrami: la sua uscita ha suggerito al mister azzurro di cogliere l’occasione per cambiare assetto tattico, inserendo non Donadel ma Insigne. Cambio intelligente quanto necessario. Già prima della sostituzione, il modulo oscillava dal 3-4-1-2 al 4-2-3-1, utilizzando Campagnaro come terzino destro con Mesto più alto. Ma lo schermo dei due mediani non funzionava affatto, e l’ingresso di Insigne non solo ha incrementato il potenziale offensivo, ma ha anche rinforzato il centrocampo, con l’arretramento di Hamsik e l’aggiunta di Mesto in mediana, mentre la difesa si stabilizzava sulla linea a quattro. E infine l’uscita di Mesto, già ammonito, è stato un altro cambio davvero azzeccato di Walter Mazzarri, che ha preferito giocarsi la carta El Kaddouri, più a suo agio nelle zone centrali rispetto a Mesto, oltre che più capace di creare situazioni di pericolo. La mutazione finale ha portato dunque ad un 4-2-1-3, con Hamsik encomiabile per disciplina e sacrificio e con lo stesso El Kaddouri che ha mostrato buona intelligenza e senso tattico, lasciando pensare che, magari, si può far affidamento anche su di lui per il prosieguo della stagione.
Intorno all’ora di gioco, come sperato, la Lazio ha cominciato a stancarsi: proprio come i “cattivi” dei film di Rocky, si diceva, che dopo decine e decine di cazzotti pensano di avere il rivale in pugno, e invece se lo ritrovano ancora lì in piedi, e ancora lì pronto a colpire. A questo punto l’asso nella manica per il Napoli è stato Lorenzo Insigne: più fresco di tutti, ha cominciato a prendere le misure e sfornare numeri su numeri. Il centrocampo azzurro è cresciuto vistosamente, anche per la trasformazione di Inler: lo svizzero, si sapeva già, con due elementi al suo fianco cambia radicalmente. Non ha sbagliato più nulla, ha recuperato palloni in quantità industriale, ha preso falli a ripetizione, mentre Orsato, fin troppo gentile con i laziali, fischiava con clemenza gli interventi rudi dei padroni di casa, ieri davvero troppo aggressivi e fallosi.
Il Napoli, insomma, è risorto intorno al 70′ e ha messo a sua volta alle corde la Lazio, incapace di venirne fuori. L’unico lampo è stato il già menzionato svarione di Cannavaro, graziato da Lulic. E la vecchia regola del “gol sbagliato, gol subito” non tradisce mai, così nei minuti finali il Napoli ha colpito: non uno dei quattro attaccanti (era entrato anche Calaiò), ma Campagnaro ha insaccato al volo il gol del pareggio. Cavani ha raccolto la palla per riportarla al centro del campo: segale che il “Matador” credeva nella vittoria. La Lazio invece ha rialzato la testa, ed entrambe le squadre sembravano poter prevalere, quando Orsato ha suonato il gong: fine dei giochi, parità e tutti a casa. Ai punti forse avrebbe vinto la Lazio, ma nel calcio non ci sono i verdetti dei giudici e il pareggio fuori casa accontenta il Napoli, che rimane a +6 e blinda il secondo posto, in attesa di riavvicinarsi alla Juve domenica prossima.
A cura di Lorenzo Licciardi
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