Mentre il Matador aspetta (con impazienza), l’Arciere fa lo stesso. Cioè aspetta, ma soprattutto con trepidazione. Differenze di stati d’animo certo, ma pure differenze di significato per uno “stand by” che in un certo senso li accomuna. Uno stand-by da spezzare a tutti i costi e quanto prima ma, se per il capocannoniere della serie A si tratta del suo pane quotidiano (il gol), per il protagonista del doppio salto dalla C alla A la trepidante (e forse anche un po’ impaziente) attesa, riguarda il suo secondo capitolo con la casacca azzurra. Con quel desiderio ancora ben celato, ma dalle tinte forti, di essere più parte in causa, di essere insomma più presente in campo.
STRANO MA VERO – Scalpita e freme, sì ma com’è nel suo stile, senza dare nell’occhio. Anzi, all’occhio (di coloro che lo seguono) destina brani di professionalità encomiabile, di applicazione ininterrotta e proficua nel training (in luce negli ultimi allenamenti). Uno stile che conosciamo bene, perché in quelle prime tre stagioni e mezza di Napoli, Calaiò ne dette ampio saggio. Ed è tornato più convinto e determinato di prima: nonostante le quattro stagioni e mezza di Siena, l’Arciere non si era mai allontanato da Napoli e dal Napoli. Fisicamente di certo, visto che è tornato spesso con la dolce consorte vomerese e prole, ma di sicuro anche col pensiero. Carattere fiero e sangue siculo che non mente mai: l’azzurro gli era da subito entrato in quel sangue, e lì è rimasto, a dispetto del passare degli anni. Strano ma vero? Non tanto, poiché chi lo conosce sa che questo è un suo modo di vedere ed affrontare le cose. Volle di nuovo, fortissimamente il Napoli (e pensare che lo voleva pure il Palermo), e lo ottenne. Strano ma vero, è stato invece solo un aspetto del suo ritorno, quello che solitamente non contempla i “dejà vu” nel club azzurro.
L’ECCEZIONE – Certo, allora di eccezione si può parlare, di quelle che confermano le regole. Poiché se da parte di Manu il filo che lo lega ai colori azzurri è stato sempre teso e mai a rischio rottura, per i tifosi il feeling col giocatore non ha mai subito flessioni. Diciamocelo con franchezza: Emanuele Calaiò, classe 1982 da Palermo, non ha solo i sentimenti, ma anche i numeri dalla sua. A parte le due promozioni, il suo primo “mandato” si fregia di 128 presenze e 44 gol, ben 18 in campionato per il primo salto (capocannoniere) e 14 per il secondo, quello nella massima serie. Vuoi che uno score del genere finisca nel dimenticatoio? Di certo non a Napoli.
LA BENEDIZIONE – Operazione di sicuro effettuata con la benedizione del mister. Visto che Mazzarri (al di là di qualche precisazione tattica di natura contingente, con riferimento alla scarsa utilità delle spizzate), aveva espresso a tempo debito anche un suo chiaro assenso. Una cosa di per sé scontata, poiché l’arrivo dell’Arciere in prestito (con diritto di riscatto) ha dato pure il “la” alla partenza del Vargas “Ufo”, destinazione Brasile. «Il ragazzo è gradito, tant’è che l’ho voluto io. Potrà esserci utile, sta a me stabilire quando. Ci servirà sia nel gruppo che in campo». Più chiaro di così…
NON RESTA CHE… – Allora, non resta che attendere. Forse anche poco. Perché se l’insostituibile Matador aspetta il gol, l’Arciere aspetta più occasioni. E l’uno non esclude l’altro. Solo novanta minuti nella gara di ritorno con il Viktoria Plzen (un pezzo di match anche all’andata al San Paolo) e poi parecchie panchine, e 11 minuti all’Olimpico per l’assalto finale alla Lazio. Poco, certo, ma il campionato non è agli sgoccioli, l’attacco non fa faville, mentre l’Arciere scalpita. Ed è sempre in posizione di tiro.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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