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Comunicazione e vicinanza tra i reparti: questo il calcio verticale di Rafa Benitez

Il gioco corale di Benitez sta dando i suoi frutti: il Napoli di inizio stagione è solo un vecchio incubo

Però: adesso segna e non subisce (non soffre neppure), vince e diverte, corre e saltella sul prato verde, mentre intorno a sé c’è un clima d’euforia, la ritrovata allegria e manco più l’ombra di un fantasma, persino una smodata simpatia per il Napoli-2. E’ il calcio, la variabile impazzita che deforma o trasforma il giudizio nel breve volgere d’una settimana e che rimescola pure gli umori: perché mercoledì sera (29 ottobre), il pallore dell’1-1 di Bergamo, con tanto di rigore sbagliato da Higuain a due minuti dalla fine, aveva soppresso la già evidente crescita d’una squadra a trazione anteriore.

ECCOLO. Ma sì, è questo il Napoli di Benitez: deve giocare verticale (quasi sempre), deve avere una logica (sempre), deve saper correre molto in avanti ed altrettanto in indietro, deve stringere le linee, dunque occupare i transiti altrui e dominare le seconda palle, deve leggere le diagonali degli avversari, e scavalcarle con il palleggio. Eccolo qua: tre gol allo Young Boys, due alla Roma, uno solo (ma va) all’Atalanta, sei al Verona, fanno dodici in una decina di giorni, quelli immediatamente successivi allo scivolone di Berna, una sorta di spartiacque stagionale.

LA CORSA. E’ ripartita, subito: stavolta sembra che siano state rimosse le streghe e pure le zucche di Halloween, dunque che non ci sia più traccia del San Mamés e di quel tormento esistenziale che ha accompagnato il Napoli per lunghi tratti della sua complessa evoluzione. Poi, la condizione atletica: il post-Mondiale ha inciso, eccome, ha dilatato i tempi di inserimento di qualcuno e ritardato quelli di altri, ha reso laborioso il processo di coesione, magicamente apparso contro la Roma però intravisto pure nel primo tempo contro il Verona, quando il destino ha obbligato a correre in salita per un gol al ventiseiesimo secondo.

OBIETTIVI. Il campionato è lunghissimo ma la Roma adesso è sensibilmente alla portata e stavolta c’è l’esame di Firenze che può offrire nuove e più esaurienti risposte; l’Europa League può restare alla portata, probabilmente anche con una sola vittoria, quella all’ultima giornata contro lo Slovan Bratislava; e a dicembre ci sarà Dubai con la finale della Supercoppa – mica un diversivo – ed a gennaio tornerà la coppa Italia. Priorità, ovviamente, alla Fiorentina e, dunque, al progetto di riavvicinamento al secondo posto.

IL TURN OVER. Quello che una volta rappresentava una sorta di tallone d’Achille, sta diventando un punto di forza, o forse in ciò s’è trasformato contro lo Young Boys: il turn-over massiccio, fuori otto-undicesimi rispetto alla sfida di sabato scorso, ha consentito a Benitez di far rifiatare coloro i quali domani dovrebbero essere titolari, dunque la possibilità di avere energie fresche e anche menti libere. Una sorta di decompressione totale, che ha giovato comunque anche a chi, sinora, aveva faticato, e quanto, per far sentire la propria presenza nel Napoli: pur nelle difficoltà create dall’incidente di Zuniga, un irrinunciabile top player, resta una linea difensiva eclettica, peraltro ora consolidata psicologicamente dall’imbattibilità di Rafael, che se ne è stato due partite e mezza senza subire gol.

I BOMBER. Segnano tutti, ma proprio tutti: manca soltanto Michu, all’appello; e poi Zapata deve fare in fretta a capire il calcio italiano nella sua coralità. Perché certo ha un fisico bestiale ma per completarsi – e completare la propria maturazione – occorre anche servire il sistema… A proposito, in campionato, quindici punti nelle ultime sette partite: pareggi con il Palermo, a Bergamo e a San Siro….

fonte: Corriere dello Sport

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