La gioielleria con vista sulla Champions è in realtà un caveau che custodisce un centinaio di milioni di euro – investiti nell’ultimo quinquennio – e muscoli e materia grigia e talento allo stato puro, a diciotto carati. Benvenuti nella valle dell’Eden, il giardino sempre verde dei Lavezzi e dei Cavani,irraggiungibili per qualsiasi estimatore, sceicchi o petrolieri, perché ciò che si vede non si tocca. La meglio gioventù eccola qua, assemblata in un percorso progettuale nato dalle ceneri del Fallimento, eseguito con cura maniacale sin dalle stagioni dell’oblio, poi reso sgargiante – anzi, no, brillante – andando a incastonare pietre di rare bellezza.
GIOVIN SIGNORI- In principio, scavando tra miniere sconosciute, furono Lavezzi, Hamsik e Gargano, la triade estrapolata da Pierpaolo Marino sull’asse Brescia-Buenos Aires-Montevideo, un terzetto di ragazzotti costati complessivamente tredici milioni di euro e capaci di quintuplicare il loro valore di mercato, definibile però sino a un certo punto: «Perché i nostri calciatori non sono in vendita». Gl’intoccabili di Aurelio De Laurentiis hanno nome, cognome e un profilo elevatissimo che li tiene distanti, inarrivabili – e non solo in virtù di quotazioni sontuose come i 31 milioni della clausola.
HAMSIK PAPA’- Il Napoli del Terzo Millennio, l’entità astratta del 2004 divenuta stella lucente del calcio italiano, è un processo d’integrazione assoluta che va ben oltre il calcio, che invita Christian Maggio a rinnovare sino al 2015 («perché voglio restare qui»), che suggerisce a Martina, la compagna di Marek Hamsik, di far nascere ieri mattina Lucas, il secondo genito, a Pineta Grande, con il papà che già si prenota per un gol al Palermo: «Ho già la dedica pronta….» . Ma il Napoli è altro ancora: è De Sanctis, l’affare low cost, un milione per strapparlo al Siviglia dopo la sua stagione al Galatasary, che ha la data (2013) da allungare sull’accordo ( «perché voglio chiudere qui, magari a quarant’anni» ) o è Zuniga, otto milioni di euro di perplessità spazzate via con la cura-Mazzarri che ne ha rimosso ogni incertezza, trasformandolo da enigma a poliedrico rappresentante.
MATA D’OR- Prima c’erano tre tenori, ma adesso, l’abbondanzaè in quell’orchestra a più voci che esaltano il San Paolo e l’inducono a sognare: Lavezzi, chiaro; Hamsik, ovviamente; Cavani, noblesse oblige, non solo per i diciassette milioni consegnati al Palermo ma innanzitutto per quanto mostrato in diciassette mesi da principe azzurro del gol; e poi, anche, Gokhan Inler, il re leone, diciotto milioni per l’Udinese e la sua statuta da leadr in mezzo al campo; e Goran Pandev, l’altra faccia del gol, con il suo carico di trofei in bacheca ed un’esperienza internazionale da spruzzare sui compagni; o Blerim Dzemaili, il terzo fratellino della metà campo, un po’ mediano e un po’ regista.
GRATTA E VINCI- L’estate del 2007, al ballo da debuttante in serie A, il Napoli è nel grembo d’un club che sa ciò che vuole, come lo vuole, che crede in Santacroce e Mannini, poi ceduti e che va a prendersi Campagnaro, senza rimanerne deluso; e in quella torre di platino che adesso brilla in Champions, tra golead’or e pennellate d’autore, s’intrufola pure Vargas – la perla voluta da Bigon – pallone d’argento in Sud America. Che sfarzo!
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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