Tetto delle rose a 25 giocatori (4 cresciuti in Italia e 4 nel vivaio del club) con il libero tesseramento degli Under 21, fair play finanziario nel sistema delle licenze nazionali e curriculum obbligatorio per uno dei due extra comunitari tesserabili ogni anno. Sono queste le principali riforme varate a maggioranza dal consiglio federale della Figc. Hanno espresso voto contrario Aic (Assocalciatori) e Aiac (Assoallenatori). Dunque, in sintesi: le rose delle squadre di Serie A dovranno essere composte da un massimo di 25 calciatori, di cui 4 cresciuti in Italia e 4 cresciuti nel vivaio del club per cui sono tesserati. Viene data via libera al tesseramento degli Under 21(la stragrande maggioranza è italiana). Sostanziosa anche la riforma dei cosiddetti «giovani di serie»: il giovane extracomunitario al primo tesseramento deve essere residente in Italia ed essere entrato nel nostro Paese con i genitori non per ragioni sportive e comunque aver frequentato la scuola per almeno 4 anni. E ancora: curriculum sportivo obbligatorio per uno dei due extracomunitari tesserabili ogni anno. «È uno dei consigli chiave dall’inizio della nuova gestione. Riflette la filosofia del fare da sempre anticipata.È da tanto che parliamo di riforme, abbiamo iniziato con le prime», dice soddisfatto il presidente Carlo Tavecchio. Per quella dei campionati servirà, però, il 75% dei voti. E Tavecchio è pronto allo scontro con Assocalciatori e Assoallenatori che ieri hanno votato contro: «La prima via sarà della condivisione. Poi amali estremi estremi rimedi». Secca la bocciatura del presidente dell’Aic, Damiano Tommasi: «Sono progetti che non hanno una ragione sportiva-In Italia chi rispetta le rose Uefa ha un numero di stranieri che è il doppio di quello che hanno le altre. La rosa così impostata non tutela il discorso dei vivai. Purtroppo questa norma è un palliativo». La pensa diversamente, Claudio Lotito. «Consente di contenere i costi e, attraverso l’impiego degli Under 21 senza limite, mette nella condizione di poter valorizzare delle peculiarità italiani».
Fonte: Il Mattino
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