La compattezza di un gruppo, dove anche i gregari si sentono eroi. È il segreto di Mazzarri. È un Napoli d’acciaio. Sei risultati utili consecutivi (sette con l’Europa League), due soli gol incassati non arrivano per caso: oltre al carattere e alla tecnica, ci sono grinta e personalità. Umiltà e piedi buoni.
Il Napoli non è soltanto le deliziose e imprendibili traiettorie di Cavani, la classe selvaggia di Insigne, l’inesauribile talento di Hamsik e Pandev. È anche la qualità delle seconde linee: Zuniga, Campagnaro, Behrami, Cannavaro, Dzemaili, Gamberini, Aronica. La classe operaia (del pallone) che va in paradiso.
Tutto merito del fatto che la vecchia guardia è sempre vispa e affamata di gloria: assimila i pezzi di ricambio, li educa, li modella, gli imprime il marchio del reggimento azzurro. Così, non è un caso, che dopo appena due mesi insieme, Behrami e Gamberini sembrano nati e cresciuti con Hamsik e Cannavaro.
Prendete Zuniga e il suo genio umorale. Nell’ultimo anno Mazzarri lo ha rivitalizzato, trasformandolo in una sorta di veterano. Il colombiano non è più un corpo estraneo, semplicemente il vice Maggio di turno, una stonatura nella grande orchestra sinfonica: è divenuto quasi un primo violino che suona in modo celestiale, ma a tempo e senza saltare una nota. Behrami poi, sembra un giocatore universale, eclettico, di grande duttilità, capace di giocare in più ruoli, di controllare l’avversario più insidioso e di fare gol. Dzemaili è elemento ideale per giocare accanto a Behrami o Inler, perché recupera cento palloni. Non è vero che è cattivo, perché mantiene la lucidità e quando entra, non è mai in ritardo. E poi riesce sempre a farsi rispettare.
Walter Mazzarri, si sa, è tecnico spigoloso e concreto. La sua squadra è compatta, campioni e gregari concorrono con la stessa percentuale ad aumentare la competitività. Questa estate il tecnico di San Vincenzo ha chiesto alla società di mutare l’approccio filosofico all’apertura del portafoglio. Ha ottenuto il rinnovo del contratto di Grava, sulle cui capacità di tener saldo il gruppo non ha mai avuto dubbi. Ha chiesto e ottenuto Mesto, uomo-grinta per eccellenza. Ha poi fatto arrivare Alessandro Gamberini, considerando che potesse uscire dal cono d’ombra in cui era finito con la Fiorentina, inserendolo in una squadra solida, dove il difensore ritrovasse un ruolo centrale.
Il segreto di questo Napoli è proprio questo: Walter Mazzarri è un perfezionista che cura tutti i particolari ma che sa bene che sono quelli che in mezzo al campo fanno il lavoro più sporco che poi fanno la differenza. Quasi come i gol del Matador, di Hamsik e del macedone. Uomini come gli svizzeri Behrami e Dzemaili che hanno nel temperamento, nella grinta, nello spirito da panzer il loro elemento in più.
Contro la Sampdoria, per esempio, è stata la vittoria di una squadra a trazione super-anteriore, che acchiappa per i capelli la vittoria con un contropiede magistrale degno della miglior Inter (quella dei record con Trapattoni in panchina). In una squadra spesso ritenuta Cavani-dipendente questo modo di vincere è apparso come una virtù: il Napoli vive non solo di star ma anche di gregari, seppur di lusso come quelli azzurri. La chiave del primato di Mazzarri è nella grinta dei suoi uomini simbolo: nel calcio di oggi il cervello fa la differenza e allora il Napoli cuore e testa non può non sorprende se svetta in cima alla classifica al fianco della Juventus.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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