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Cobolli Gigli: «Azzurri subito ai vertici, l’unica novità del calcio. Hamsik, che rimpianto!»

"Che scherzo ci fece Zalayeta, si tuffò due volte e l'arbitro ci cadde in pieno"

Il 29 giugno 2006 Giovanni Cobolli Gigli diventa presidente di una Juventus retrocessa in B e penalizzata di 30 punti. «Il mio esordio da presidente è stato in una gara di Coppa Italia, proprio al San Paolo. I tifosi del Napoli non conoscevano ancora il mio volto, però quando scesi a bordo del campo vidi molti occhi scrutarmi incuriositi dalla penombra degli spalti. E piano piano i primi isolati insulti verso di me divennero un coro che ancora ricordo… ”Cobò, Cobò” e giù parolacce di ogni genere. Fu una specie di battesimo». La sua avventura nel club bianconero è terminata tre anni dopo.

Presidente, quello era un turno preliminare: che effetto fa sapere che ora Juve e Napoli si contenderanno la Coppa Italia in finale.
«Un bell’effetto. Quando accettai la carica in piena Calciopoli, il primo obiettivo era quello di salvare dal fallimento sportivo ed economico la società. Direi che ci sono riuscito. Come d’altronde c’è riuscito De Laurentiis: anche lui raccolse le ceneri di quello che era stato un club dal passato glorioso».

La finale si giocherà a Roma.
«La scelta dell’Olimpico mi sembra quella più giusta. La sede è quella e non forse non andava neppure discussa».

Seconda contro quarta in classifica. L’avrebbe mai detto, cinque anni e mezzo fa?
«Se anche l’avessi detto, mi avrebbero creduto in pochi. Però fin dal primo momento in cui ho fatto conoscenza con il presidente del Napoli, nella sede della Lega di serie B, ero certo che avrebbe riportato in alto gli azzurri. Aveva una grande determinazione. Forse non mi aspettavo in così poco tempo».

È passato alla storia come il primo presidente della Juve in serie B.
«Preferisco pensare che sono stato il primo presidente della Juve a conquistare una promozione dalla B alla A».

Domenica per la prima volta la sfida tra bianconeri e azzurri andrà di scena allo Juventus Stadium.
«Una bella emozione. Ora la Juve è come il Napoli: ha uno stadio dove i tifosi recitano la parte del dodicesimo uomo in campo. Fa un bell’effetto giocare su quel campo».

Uno stadio di cui lei è stato tra gli artefici. Che consigli dà a De Laurentiis su questo punto?
«Più che altro un auspicio: di avere a che fare con un sindaco efficiente e comprensivo come con noi lo fu Chiamparino. La burocrazia, altrimenti, rallenta in maniera deleteria qualsiasi iniziativa di questo genere».

Potrebbe venire a dare una mano al Napoli, allora?
«Non sarebbe facile lavorare con De Laurentiis: è un intelligente accentratore, un capo molto autoritario nei confronti dei suoi dipendenti. Diciamo che non è proprio il mio sogno…».

 Perché lei che presidente era?
«Non ero il presidente-padrone, i padroni del club erano altri».

Come finisce domenica sera tra Juve e Napoli
«E lo chiede a me, che comunque sono juventino da sempre?»

Vero che il suo rimpianto più grande è stato Hamsik?
«Non è proprio così. Corioni, il presidente del Brescia, venne a cena con noi dopo una gara di campionato. Mi disse che aveva un gioiellino tra le mani e che voleva darlo a noi. Per fortuna del Napoli e di De Laurentiis, avemmo dei tentennamenti».

Poi, però, di affari con il Napoli ne ha fatti: prestò, tra gli altri, Zalayeta.
«Che bello scherzo che mi fece l’uruguaiano al San Paolo: si tuffò due volte e l’arbitro ci cadde in pieno. Come mi arrabbiai quella sera».

 Ricorda la frase ”vogliamo essere vincenti, simpatici, trasparenti”?
«Certo, l’ho pronunciata io. E l’aggettivo ”simpatici” ci è costato molto perché i tifosi pensarono: chi se ne frega di essere simpatici, noi vogliamo essere vincenti. Avevano ragione».

Scelga il giocatore che deciderà Juve-Napoli?
«Del Piero».

Non vale, troppo facile.
«Ma io sono delpierista da sempre».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

P.S.

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