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Ciro Ferrara: “Napoli la squadra giusta per battere la Juve”

Per dire quelli del Sud, fino agli anni Settanta dalle parti di Torino si diceva “I Napuli”. Napoli era il nome che conteneva tutti i territori al di sotto del Garigliano, compresi quelli del pregiudizio. «Però valeva anche al contrario: a Napoli, dire Juventus significava dire il Nord, la casa reale, la ricchezza, il potere, il nemico». Ciro Ferrara ha giocato con Maradona e Zidane, passò da giocatore molti palloni a entrambi. In Juve-Napoli c’è dentro più di tutti. «Nei giorni prima di queste sfide con la rivale storica guardavo Maradona, Careca, Giordano, Carnevale: li vedevo allenarsi e capivo che quei grandi attori stavano già preparando la parte».

Ferrara, chissà se si sente più napoletano o più juventino, dentro.
«Mi sento napoletano, perché non dimentico le mie origini e sono ancora innamoratissimo della mia città. Io dico che sarà una festa popolare, come sempre. Ho dato tanto, e tanto ho ricevuto da Napoli e Juventus: dico grazie a entrambe».
Il suo che Napoli era?
«Una squadra gigantesca, mentre in quegli anni la Juve non era fortissima, comunque molto meno rispetto a quando vi avrei giocato io. A maglie invertite, la Juve avrebbe vinto nove scudetti di fila: questione di ambiente, di organizzazione. Io non ho mai vissuto meglio che nella mia città, però quell’atmosfera alla lunga ti rendeva più vulnerabile. Ti caricavi, certo, e ti divertivi, però potevi sederti: esaltarsi spesso fa anche giocare peggio. A Torino, il campo d’allenamento sembrava il dopolavoro ferroviario, una noia mortale, ma si lavorava sodo e alla fine si vinceva».
Il ricordo sfrutta lo spessore del tempo e permette di non guardare solo a un pallone.
«La partita è, per i napoletani, anche una rivalsa sociale. La Juve significa il Nord, il potere, oltre cent’ anni di storia vittoriosa. Se la batti, sei il più grande di tutti. Ogni giorno dell’anno il tifoso ti chiede di sconfiggere la Juventus. Poi, negli anni degli scudetti azzurri, capimmo che quello non doveva essere l’unico scopo della stagione. Un cambio di prospettiva che fece crescere tutti, anche se Napoli-Juve rimase quello che è adesso, non importa se si lotta per i primi posti o in B, il senso è superiore».
Quale è l’importanza della partita dopo il rallentamento della Roma?
«Una squadra che ha fatto un filotto di dieci vittorie e un pareggio non mi pare che abbia innestato una marcia più bassa. Che paradosso! C’è già chi parla di incertezze della Roma. In realtà bisogna trovarsi pronti quando una grande si ferma, è questo il senso del match di domani, Non sarà determinante ma certamente sarà un crocevia per le due squadre. E credo che i bianconeri potrebbero soffrire anche se hanno qualcosa in più. Affinché ciò avvenga mi permetto un consiglio ai ragazzi in maglia azzurra: dovete disputare la partita perfetta. Possono farlo perché stanno acquisendo la serenità e la maturità di un top team. Del resto i nostri due scudetti arrivarono dopo due vittorie importanti…».
Lo scudetto per il Napoli può diventare un fatto concreto?
«Vincere allo Juventus Stadium significherebbe acquistare fiducia. E credo che se il Napoli riuscisse a fare il colpo e poi a disputare un campionato con un alto ruolino di marcia possa anche vincere lo scudetto. Pur sapendo che la Juve ha più abitudine a giocare Coppe e campionato e non molla la presa. Insomma, domani occorre un segnale forte».
Tra Conte e Benitez quale filosofia di gioco apprezza di più?
«Antonio riesce a essere molto pratico, il suo credo cambia anche in relazione all’avversario. Benitez sta dando una dimensione europea al Napoli, perché la maggior parte delle squadre giocano in questo modo: si spiega così anche la situazione in Champions, dove il Napoli ha ottenuto migliori risultati rispetto alle altre due italiane. Conte dà un’impronta diversa, cercando di cavare fuori il massimo dai suoi calciatori. Di Benitez apprezzo l’abilità di cambiare undici formazioni, assumendosi dei rischi ma alla fine avendo sempre ragione. Solo Higuain e Reina non hanno sostituti. Quest’ultimo è un gran bel personaggio, si trova bene a Napoli e vive in pieno la napoletanità, l’ho conosciuto perché gli ho dato in affitto casa mia e sono rimasto colpito».
Contratto di un solo anno o per più tempo? Lei sa che il Barcellona lo vuole e sembra che l’anno prossimo Reina vada via.
«Per la casa ha un accordo annuale, se dovesse prolungare, farò da talpa e darò io la soffiata, così saremo tutti più tranquilli. Ovviamente scherzo, non conosco i piani di Reina e del Napoli».
Come giudica la sistematica esclusione di Paolo Cannavaro?
«È una situazione ibrida. Indubbiamente Paolo ha incontrato difficoltà d’inserimento con il nuovo modulo, però osservando la vicenda da fuori viene da pensare che per lui non ci sia più spazio nel Napoli, perché il calciatore non avverte più la fiducia e non so sino a che punto questa possa essere una scelta tecnica o che vada al di là di questo aspetto. Il paradosso è che Paolo era il capitano della squadra, poi arrivato il nuovo allenatore la situazione è totalmente cambiata. Ho la sensazione che per lui le porte si siano chiuse definitivamente e a malincuore a gennaio le strade dovrebbero separarsi. Nonostante sia stato il capitano in anni difficili e abbia giocato col peso del cognome di Fabio sulle proprie spalle».
Da allenatore quale squadra sceglierebbe tra Juventus e Napoli?
«Beh, la Juve l’ho già allenata, il Napoli sarebbe una piacevole novità, però prima di me mi pare si sia candidato Maradona: ovviamente è un giochino per strappare un sorriso e nulla più».
Da quale calciatore del Napoli è rimasto colpito?
«Higuain e Reina a parte, segnalo Callejon: mi impressiona davvero, è la sorpresa del Napoli. Sono certo che potrà procurare un po’ di problemini alla difesa della Juventus. Mi spiace per Insigne che non trova tanto spazio dopo essere partito alla grande ma rientra nella logica del turnover. Mertens sta facendo bene, tuttavia non credo che i due possano giocare insieme. Lorenzo a destra incontra difficoltà, egli ha come caratteristica quella di infilarsi tra le linee e rientrare al centro per puntare la porta. E su quel lato non può farlo».
Domani sarà allo stadio, settore Napoli o Juventus?
«Sarò in incognito per strizzare meglio l’occhio al mio colore del cuore: l’azzurro».
Cosa pensa della stretta sui cori vergognosi contro Napoli e i napoletani?
«Sono per gli sfottò, assolutamente contro razzismo e discriminazioni varie. Pur se qualcuno dice che c’è sempre stato questo modo di fare, dico che ne faremo tranquillamente a meno. Sono per la cultura sportiva che spesso da noi è dietro di cent’anni».
La rivedremo in panchina presto o tardi?
«Allenare mi manca moltissimo. Ma tornerò. Non subito, sono ancora sotto contratto con la Samp, ma mi rivedrete in panchina, questo è fuor di dubbio. Anzi, è sicuro».

Fonte: Il Mattino

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