Sono le quattro del mattino quando mamma Antonella crolla: abbraccia il figlio Pasquale, scoppia a piangere, non capisce e non accetta. Fuori dalla sala rianimazione del policlinico Gemelli, c’è tutta la famiglia. Dentro Ciro Esposito, 30 anni, lotta contro una pallottola ma la mamma ha detto che si è svegliato. «Lo sapevo che era pericoloso, glielo avevo detto. Ma lui voleva andare, voleva vedere la partita»racconta la signora Antonella mentre il marito Giovanni, aiuto infermiere, fuma una sigaretta dopo l’altra e commenta amaro: «È uno schifo. Mio figlio è stato colpito dalla pistola di un tifoso di una squadra che non c’entrava niente con la partita. Questa è violenza gratuita, senza senso». E il fatto che Daniele De Santis, il feritore, sia ricoverato nello stesso ospedale di Roma Nord acuisce la tensione degli Esposito. «Lascio a Dio la giustizia su questa persona» urla zia Carmela.
TESTIMONIANZE – Ma chi è Ciro Esposito? Perché era in mezzo agli scontri di Tor di Quinto? I familiari giurano che sia passato nel posto sbagliato al momento sbagliato.«Ciro non è un ultrà – racconta il fratello Michele – è un lavoratore. Stava camminando verso lo stadio quando quattro-cinque persone hanno cominciato a sparare. Noi siamo di Secondigliano e abbiamo un autolavaggio a Scampia. La gente pensa che nel nostro quartiere siamo tutti criminali, ma invece l’ottanta per cento della popolazione è composto da persone perbene. Come noi». Ha una colpa, una soltanto, Ciro, secondo zio Rosario:«Il Napoli. È tifoso sfegatato del Napoli, la sua unica passione. Segue la squadra sempre, in casa e in trasferta. Ma a casa lava le macchine per sette euro, nell’unico negozio della zona che ha i permessi del comune ed è in regola con il fisco». Diploma di scuola media, Ciro amava anche un altro sport: il basket. Ha dovuto smettere per un problema a un ginocchio. Oltre a Pasquale, che ha 32 anni, ha un altro fratello che si chiama Michele, 24 anni. Vivono tutti insieme, con i genitori, tra Secondigliano e Scampia, periferia popolare di Napoli. «Gli avevamo preparato preparato frittata e casatiello, per uno spuntino dopo la finale – raccontano i parenti – purtroppo le provviste sono rimaste in macchina e nessuno ha potuto mangiarle…».
RITRATTO – Fa freddo nella notte romana quando arriva qualche aggiornamento sulle condizioni di Ciro. Sta ancora male. E così anche Simona, la fidanzata, comincia a piangere. Stanno insieme da quattro anni e lei, che ha 27 anni, ha da poco perso tutti e due i genitori. Ora è lì, che spera in un miracolo. Invece il cugino testimone degli incidenti, che non vuole rivelare il nome, è furibondo e denuncia: «I soccorsi sono arrivati dopo un’ora e mezza. È una vergogna».
fonte: corrieredellosport.it
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