Domenica prossima festeggerà il primo mese da Questore di Roma. Nicolò D’Angelo ci riceve nel suo studio in via San Vitale. Una chiacchierata cordiale con un grande poliziotto che oggi si sente come tornato a casa, visto che quella di Roma è la Questura in cui ha costruito i suoi successi. Il battesimo sportivo è stato, se si può dire, trionfale: le immagini di Roma-Bayern hanno fatto il giro del mondo e vedere due tifoserie lanciarsi vicendevolmente le sciarpe dopo che la Roma aveva perso 7-1 (!) è stato straordinario come uno spot sul calcio bello e sano. Ma Roma è anche l’omicidio di Ciro Esposito per i fatti della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina (il questore era Mazza).
Non è un uomo qualunque Nicolò D’Angelo: lo dice la sua carriera, il suo pensiero sempre diretto. Lo dicono, infine, anche le sue passioni, dallo sport, all’arte, alla pittura. Da questa chiacchierata viene fuori anche una immagine umana, diversa, dell’alto dirigente dello Stato. «Ma chi ha detto che l’arte non si possa sposare con chi fa il mio mestiere…» dice il questore di Roma. Poi squilla il telefono, un’altra volta. La vita del questore di Roma è così.
Un questore a Roma avrà tanto, tantissimo da fare. Ma la gestione della sicurezza nelle manifestazioni sportive tra tutte le emergenze non è affatto marginale. E’ così?
«E’ un tema estremamente sentito perché è inevitabile che grandi eventi possano procurare problemi di sicurezza. Occorrono massima sinergia e grande attenzione».
Roma ha espresso quadri contrastanti, nel recente passato. Nell’ultima finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina con gli incidenti che hanno poi portato alla morte di Ciro Esposito. Il suo esordio con Roma-Bayern, invece è stato perfetto come immagine del grande appuntamento internazionale gestito alla perfezione. La domanda che si reitera è sempre la stessa: la Capitale è pronta, è matura, per “sopportare” i grandi eventi? Qual è il suo punto di vista?
«Non credo sia giusto generalizzare, è un po’ un vizio che caratterizza il nostro Paese. Quello che ha portato alla morte di Ciro Esposito va inquadrato come un episodio di pura follia incontrollabile, in cui uno esce con una pistola e spara nel prepartita di una gara che non interessa nemmeno la squadra per cui tifa. E il fatto scatena poi una serie di comportamenti violenti in cui predomina la logica del branco. Quella situazione, per come si è scatenata, era imprevedibile. Non si può fare un discorso sui singoli esiti di ogni partita. La sicurezza negli stadi è un impegno che deve coinvolgere ciascuno nella sua sfera di competenza, tifosi compresi. Quello che è di positivo è successo a Roma-Bayern, impone un plauso anche alle due tifoserie, oltre che a tutta la macchina organizzativa e quindi anche alle Forze dell’Ordine».
All’orizzonte ci sono l’Europeo 2020, quello itinerante, in cui Roma è coinvolta, e la candidatura alle Olimpiadi 2024. Offrire una immagine sicura della Capitale significa guadagnare crediti in funzione di queste grandi sfide?
«Assolutamente sì. Si lavora sempre per degli obiettivi, cercando di migliorare, di crescere. Tutto va programmato nel tempo e quello che si fa oggi deve servire per costruire il futuro. Anche se quelle date sono lontane Roma deve imporsi di continuare a crescere anche sotto questo profilo»
Quanto è importante il dialogo con le sue società della Capitale e con le due tifoserie, in questa ottica? Intende incrementarlo?
«I canali sono tutti bene attivati, consolidati, direi. C’è una strada aperta che funziona».
La task force voluta dal ministro Alfano ha posto l’indice anche su contraffazione dei marchi e scommesse: a livello romano come state lavorando su questi fronti?
«L’attenzione è massima e ci sono le squadre amministrative delle Questure che lavorano in sinergia con la Guardia di Finanza».
Il prefetto Pecoraro, dopo gli incidenti nel derby di ritorno di campionato, nel 2013, disse: “mai più di notte”. Una strada incontrovertibile?
«Roma è cresciuta, molto è stato fatto, ma deve crescere ancora: bisogna maturare in assoluto, ovunque, non solo nella nostra città, un rapporto diverso con il calcio, normalizzarlo. E in generale con l’educazione civica. La condizione migliore per chi fa ordine pubblico è la luce solare. Poi so che ci sono esigenze di spettacolo. Ma bisogna aspettare, certi eventi di notte per ora no. L’ultima decisione spetta al Prefetto, bisogna sentire l’Osservatorio. Certo, l’obiettivo auspicabile sarà di poter riavere uno spettacolo come il derby in notturna».
Eppure Roma-Bayern si è giocata di notte…
«E’ stato bello e il risultato pesantissimo per la Roma avrebbe potuto anche far temere sviluppi diversi. Invece nessuna tensione. Ma non ci sono modelli ripetibili dal nulla e senza l’impegno di tutti».
State già pensando a Roma-Napoli? All’andata è andata bene ma…
«L’assenza di tifoseria ospite è stata decisiva. Abbiamo tempo fino ad aprile. Roma-Napoli dovrebbe tornare a essere una partita di calcio e basta».
Senza tifosi ospiti?
«Vedremo a tempo debito»
Ma è giusto che le società di calcio concorrano alle spese dell’ordine pubblico nelle partite di calcio?
«Sì, lo dico con molta serenità. Siamo in tempi di spending review».
Che rapporto ha con lo sport?
«L’ho praticato in Accademia, se mi chiede del calcio sono un simpatizzante moderato. Non si sforzi a chiedermi di chi: non glielo dico. Amo l’atletica, il tennis»
Lei ha anche un rapporto speciale con l’arte…
(sorride) «Che c’entra con lo sport…?»
Però è vero.
«Sono musicista, suono il piano e la chitarra, e amo la pittura. Dipingo arte contemporanea figurativa, ho fatto qualche mostra. Per scherzare mi definisco un imbratta-tele».
Due artisti che preferisce, al piano e alla tela?
«Rachmaninov e Van Gogh, che per me è stato il primo esempio di pittura materica organizzata di grande fascino».
Come ha ritrovato Roma?
«C’è tanto da fare. Non mi spavento».
Fonte: Corriere dello Sport
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