L’uomo dei sogni, quel mata d’or implacabile che s’è lanciato nell’Olimpo, è la star di giovani, vecchi, uomini, donne e bambini raccolte intorno a un idolo da coccolare, da fotografare, da ricoprire d’affetto, inondandolo di richieste, sommergendolo di domande: «Edi, ce la facciamo?». La sua seconda vista napoletana è in un esame superato di slancio, trenta reti (per ora) con lode, che confermano la sacrosanta vocazione al ruolo di goleador: e adesso che la Lazio sembra prossima e che il finale può rimuovere quelle gocce di veleno del mese scorso, i sorrisi sono promesse e le paroline una ninnananna con la quale planare tra le coperte e favoleggiare la Champions: «Noi ci crediamo».
CENTENARIO – Il bambino prodigio che a Palermo implode e aspetta il momento buono per dimostrar se stesso è ora una stella dei sedici metri, un genietto imprendibile che scavalla gioiosamente all’inseguimento della Champions con la chioma al vento e il centesimo gol in Italia che lustra il talento: «Voglio condividere con tutti i tifosi del Napoli questa soddisfazione». Trentasette perle in rosanero, sessantatré da principe azzurro: la metamorfosi dell’ultimo biennio traccia un solco netto tra il primo e il secondo Cavani, ma l’unica opionione ch’emerge dall’aritmetica nuda e cruda del campo, è sulla sensibilità di quest’uruguaiano che nell’antispogliatoio di Lecce è inseguito da un’onda anomala innamorata persa di lui.
RIECCOLO – Lo special one in salsa partenopea è un killer il cui istinto s’è rimaterializzato dopo (appena) tre partite e due spezzoni di letargo, una dimensione umanissima per un marziano che s’è messo in testa un’idea meravigliosa: riportare il Napoli in Champions, a modo suo, riuscendo a battere il suo gemello, cioè il Cavani della passata stagione, capace di spingersi sino a quota trentatré, che già pareva un’impresa. E invece, al meglio non c’è mai fine: perché il Cavani che riemerge dopo poco più di trecento minuti d’apnea (statisticamente nulla) è un assatanato che detta il passaggio a Cannavaro, va ad aggredire lo spazio, poi fende il vento, controlla diligentemente e al termine di una corsa folle di una cinquantina di metri, trova il destro docile che vale il 2-0 sul Lecce, il riavvicinamento al terzo posto, la possibilità di disegnarsi gli scenari che piacciono e che disegnano una propria dimensione. He’s back: perché tutto torna, soprattutto un bomber del genere, proiettato oramai tra le stelle.
IBRA ECCOMI – I numeri hanno l’anima di Edinson Cavani, ventuno reti in campionato, tre in meno di sua maestà Ibrahimovic che però ha un dischetto per amico (nove lo svedese, due l’uruguaiano): quattro giornate alla fine, c’è ancora lo scettro di re del gol da potersi contendere, ma vale per sempre l’ammissione del recentissimo passato d’un attaccante poliedrico e pure altruista: «Segnare è bello ma è molto più importante che vinca il Napoli». Il tap in al Novara, semplice-semplice, poi il contropiede fulminante di via del Mare, quella galoppata con due uomini incollati alle spalle, ai quali resiste, la responsabilità di non poter sbagliare, di non dover sbagliare, per non sentire nell’aria qualche refolo di sfiducia, nonostante tutto ciò ch’è stato, cioè trenta Cavani nella stagione in corso, e trentatré in quella passata e trentasette nel suo percorso palermitano. Cento passi per la gloria.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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