Due promozioni in due anni, una con il Benevento, l’altra più fresca con il Parma: un buon biglietto da visita per Amato Ciciretti che ha chiuso il cerchio con il sigillo del secondo gol valso una promozione. Il primo lo aveva segnato, nella serata di La Spezia, Fabio Ceravolo, in un film che neanche il miglior regista avrebbe potuto scrivere meglio.
Ceravolo, amico fraterno di un ragazzo che troppo spesso appare più grande di quello che è e si nasconde dietro la freschezza dei suoi 24 anni. Che sanno di libertà, di sana incoscienza, di spensieratezza. Ciciretti è tutto tranne che un indisponente, anche se può sembrarlo. E’ un genuino, è uno che crede in certi valori. “Va beh, se guardate come mi vesto… . Me lo sono creato io questo personaggio”, ha dichiarato ai microfoni di gianlucadimarzio.com. L’accento romanesco non viene minimamente nascosto, quasi lo sfoggia come se fosse un vanto.
Fa parte del suo essere: “Non è facile oggi mostrarsi per quello che siamo. Oggi con i social il mondo è diventato inevitabilmente più piccolo. E le distanze si sono ridotte. Troppo semplice tramite Instagram ferire e insultare. E’ di una semplicità incredibile. Sono un ragazzo che si espone tanto, è vero. Ma qualsiasi cosa postavo prima di La Spezia mi insultavano. Questo alla lunga dà fastidio. Il gol di venerdì scorso e la vittoria del campionato hanno rappresentato una liberazione. Il Parma ha speso tanto per me, giusto che lo ripagassi così”.
Ha fatto in tempo a festeggiare, Amato, prima di andare a Roma, dalla sua famiglia. Il suo luogo sicuro, la sua culla: “La mia passione principale: stare con i miei nipotini, mio cognato. L’immagine che veicolo magari può sembrare non delle migliori, ma la prima cosa che voglio fare quando non gioco a calcio è stare con i miei nipoti. Ho 24 anni, certamente qualcosa mi concedo, penso sia normale. Ma se lo faccio io sembra che sia successo qualcosa di incredibile. Perché? Perché ho i tatuaggi, perché mi sono esposto troppo. A proposito: non ho neanche più spazio di farmene uno nuovo per festeggiare la promozione con il Parma (ride ndr). Mi è rimasta però la bella emozione, le immagini impresse nella mente che non dimenticherò mai. I minuti finali specialmente, l’ansia, l’adrenalina e la liberazione al triplice fischio.
L’attesa non è stata facile, non sapevamo mai come potesse finire a Frosinone. Il Foggia aveva pareggiato, io avevo una sensazione negativa, non so perché. Forse a Cesena avevamo avuto un brutto momento e avevo paura di ricascarci. Ho rivissuto un po’ quelle immagini e intanto ho pregato. Lì per lì in campo dicevamo di stare calmi, a Frosinone mancava un minuto. La cosa strana è che ancora stavano giocando dall’altra parte mentre noi avevamo finito. Quando è arrivato il boato dalla curva nostra noi siamo corsi verso i nostri tifosi. Che strano, la partita non era finita. Poi lo abbiamo capito e abbiamo festeggiato. Credo sia stato un segno del destino”.
Lo stesso che lo ha rimesso in coppia con Fabio Ceravolo. “Certo, è stato il fato – dice -. Abbiamo avuto un periodo difficile entrambi. Quando mi ha chiamato il Parma ero infortunato, mi sono rimesso ma poi ho avuto problemi su problemi. Mi sono ripreso e quella sera il destino ha voluto che segnassimo io e Fabio: grande emozione. E’ stato lui che mi ha invogliato di venire a Parma, ho avuto richieste in Serie A ma il Benevento non ha voluto mandarmi altrove se non lì. Come se fossi stato messo un po’ alle corde: ‘O vai a Parma o vai a Parma’. E allora dentro di me speravo di potermi giocare la promozione e le mie carte in una città fantastica con una grande tifoseria.
L’anno prossimo? Dico la verità: se ovviamente avrò l’opportunità di rimanere a Napoli la prendo, mi gioco le mie carte. Con loro ho un quadriennale, giusto che decidano loro. Sarei felice di giocare lì, non nego. E’ una piazza importante, in Italia e fuori. Se loro decidessero che devo andare in prestito il mio desiderio sarebbe però quello di ritornare a Parma. Città splendida, tifosi fantastici. Parma è la prima scelta. Si è creato un gruppo splendido: prima dell’ultima partita Frediani, ad esempio, si è buttato in mare per pegno. Lo provocavamo, gli dicevamo che non avrebbe mai avuto il coraggio. E invece… . Era un rito.
Dopo la partita l’immagine più nitida è l’abbraccio con Fabio (Ceravolo, ndr): ho i brividi mentre lo racconto. Ho rivissuto un anno intero. Ma non solo con Ceravolo. Con Calaiò, ad esempio, c’è sintonia. E’ un ragazzo d’oro. Esemplare, di una professionalità incredibile, primo ad arrivare, ultimo ad andarsene. Non ho giocato molto con lui, purtroppo. Ma resta un professionista unico. Oppure Di Cesare: non ho mai incontrato un ragazzo così. Esemplare, educato, posato”.
Come Ciciretti, che va pazzo per i tatuaggi, corazza di un ragazzo solare e genuino: “Mi piacciono, quello più significativo ce l’ho dietro la schiena. Ritrae me e mio nonno che non c’è più: lo accompagno in Paradiso, verso una vallata. Sopra c’è un orologio che indica il tempo trascorso con lui, poi Gesù che lo accoglie. Credo molto in Dio”.
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