NAPOLI – Un cantiere aperto, il Napoli. Un mercato che spazia dall’angolo di casa all’Europa intera e che si spinge lontano sino al Sudamerica. Un attivismo nuovo. Interessante. Lo trova così pure Romano. Ciccio Romano. La “tota”, la “mamma”, come lo chiamava Diego Maradona. O, più semplicemente, l’uomo, il regista che cambiò le geometrie del Napoli e l’aiutò a vincere il primo, storico scudetto.
E allora, signor Tota, che pensa di questo Napoli che si sta dando da fare come mai?
«Penso che, così come ha sempre predicato De Laurentiis, il Napoli sta ampliando il proprio panorama. Intanto, lo sta facendo internazionalizzando il suo mercato, la sua ricerca di talenti capaci di esaltare progetto ed ambizioni».
Insomma, non solo da ex regista ma anche da procuratore ed esperto di mercato, quel che sta facendo il Napoli le piace, la diverte?
«Diciamo che l’apprezzo. Perché trovo questo attivismo non figlio dell’improvvisazione, bensì di un programma che, dopo il secondo posto della stagione scorsa, vuole un Napoli ancora più forte più completo. Più competitivo, insomma».
E da Benitez, invece, Romano che s’aspetta?
«Innanzitutto organizzazione. E poi duttilità e crescita mentale della squadra. Benitez, vedrete, porterà molte novità: nuove idee di calcio e, soprattutto, una filosofia vincente».
Prima, però, dovrà ambientarsi un po’.
«Ambientarsi? Da come sta parlando, da come si sta ponendo nei confronti della città e del tifo azzurro, mi sembra che mentre il Napoli sta lavorando per internazionalizzarsi, lui è già avanti con gli studi per diventare un napoletano vero».
Andiamo in campo. Difesa. Attacco, Centrocampo.
«Dopo anni la difesa passerà certamente a quattro. Nessun problema, però: già quelli che ci sono mi sembrano calciatori adatti anche a questa nuova linea. Sono forti e ben rodati. Tant’è che un bel po’ delle sue fortune il Napoli l’ha costruito proprio con la sua difesa».
Attacco. Beh, qui la sintesi ha nome e cognome: Edinson Cavani, non le pare?
«E’ fuor di dubbio che la presenza o meno di Cavani nella prossima stagione avrà un peso enorme per la squadra. Però da quel che sento e leggo, non mi sembra poi così scontato l’addio del Matador. E, comunque, scontato oppure no, non mi sembra che il Napoli se ne stia con le mani in mano. Voglio dire che, dovesse accadere, il Napoli non si farebbe trovare impreparato per la sostituzione di Cavani».
E ora il suo caro centrocampo. Probabilmente, due mediani davanti alla difesa. Ma con quali caratteristiche per aderire all’idea di calcio di Benitez?
«Incontristi, certo, ma non solo. Lì, infatti, Benitez cerca, vuole, giocatori in possesso anche di geometrie. Non registi come l’intendiamo noi, come lo sono stato anch’io, ma comunque calciatori capaci di rimettere in moto la manovra».
Gente di quantità, ma pure di buona qualità.
«Sì. Anche se il Napoli la qualità ce l’ha e sta appena un po’ più avanti. Infatti, il primo pensiero di quei due mediani dovrà essere quello di cercare e trovare Marek Hamsik. O Insigne. O Pandev. O chi ci sarà ad accompagnare il centravanti».
Bene. Eccoci arrivati al 4-2-3-1. Quali saranno i calciatori fondamentali per la buona riuscita di questo disegno?
«Quelli che staranno tra i due mediani e l’attaccante. Perché è là, in quella zona del campo, anche con gli uomini che ha già, che il Napoli può aggiungere fantasia alla qualità. Ed è questo che spesso fa la differenza».
Faccia uno strappo alla sua riservatezza. Faccia i nomi.
«In questo momento penso soprattutto ad Hamsik, Insigne. Quel modulo esalterebbe ancor più le qualità di Hamsik, che è già uno dei veri top player del nostro campionato, e farebbe esplodere il talento di Lorenzo Insigne. Perché questo ragazzo deve dare ancora tanto di quel che ha nei piedi e nella testa».
Forzando un po’ i ricordi e i ragionamenti, si potrebbe trovare qualche analogia tra il suo Napoli e quello che potrebbe venir fuori adesso?
«Altro disegno e altri interpreti. Eppure qualcosa di simile lo vedo. Il mio Napoli, infatti, aveva un blocco di sei o sette giocatori tra difesa e centrocampo e poi, tra le linee, c’era Diego, ma rientravano anche Giordano o Careca a prender palla. Questo dava solidità, qualità e fantasia a quella squadra».
Ebbene?
«Ebbene, anche il Napoli di oggi ha una sua solidità, un suo blocco e dal centrocampo in su ha gente che si chiama Hamsik, Insigne, Pandev e spero possa chiamarsi Cavani anche domani. Ecco: è questa l’analogia che leggo».
Restando nei ricordi, caro signor Ciccio, come diventò regista di quel Napoli vincente.
«Capitò tutto all’improvviso. Era l’ottobre dell’86, il Napoli aveva bisogno di dare equilibrio ad un centrocampo che già aveva De Napoli e Bagni e pensò a me. Il resto avvenne nel tempo di un respiro. Marino venne a Trieste, chiuse un trasferimento lampo e nel giro di una settimana mi ritrovai in campo con la maglia azzurra, con Maradona accanto e a fine stagione vinsi pure lo scudetto. Credevo di sognare, invece era tutto vero».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
L.D.M.
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