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Chiariello: “Si, Mazzarri sei il freno del Napoli. Ecco perchè…”

Caro Mazzarri, è un fallimento tutto ciò che arriva dopo il terzo posto

Mi cospargo il capo di cenere: ero tra quelli che fortissimamente credeva che il Napoli potesse recitare il ruolo di anti-Juve, come in effetti con alterne vicende ha fatto per due/terzi di campionato, ed anzi pensavo che fosse l’occasione unica ed irripetibile per vincere il titolo. Ai miei occhi oltre i bianconeri non c’era nessuna in grado di infastidire nella lotta-scudetto il Napoli, ed anzi ritenevo che l’avversaria più pericolosa, vista la rosa a disposizione ed il ritorno scintillante ai grandi palcoscenici di Zeman “figliol prodigo” amato dalla piazza più che mai, fosse la Roma. Flop su tutta la linea. Non che le mie previsioni, ad onor del vero, fossero peregrine: il Milan aveva smobilitato vendendo i suoi due pezzi pregiati al PSG che da soli valevano più di mezza squadra, in più lo zoccolo duro e “morale” del gruppo, i senatori di lungo corso, era stato smembrato, essendo rimasto come ultimo dei Mohicani il solo Ambrosini, il meno qualitativo del gruppo (Seedorf, Gattuso, Inzaghi, Nesta, etc.). In effetti, la prima fase di campionato milanista è stata un incubo. C’è un però: il Milan ha una società ed un dirigente bravo e “scafato” come Adriano Galliani, Allegri (che non mi è simpatico, ma i sentimenti non possono fare velo sulla mia onestà di giudizio) si è mostrato grande allenatore ed ha avuto il tempo di lanciare e plasmare giovani e giovanissimi virgulti (El Sharaawy, De Sciglio, Niang) attorno ad un Montolivo finalmente maturato, Berlusconi per esigenze elettorali ha regalato al Milan l’unico top-player di gennaio dell’intero mercato italiano, vale a dire Balotelli (già 5 gol per lui), ed ora il Milan si presenta come una corazzata capace di mettere in grande difficoltà perfino il Barcellona “matato” a San Siro, di rimontare 7 punti su 9 al Napoli in poco più di un mese, e di essere la prossima solita antagonista della Juve per gli anni a venire, come sempre lo è stato nel ventennio passato (15 scudetti sul campo in due su 21 disponibili – 7 il Milan e 8 la Juve, di cui 2 revocati – a parte i 4 fortemente avvantaggiati da Calciopoli dell’Inter e quelli delle romane all’alba degli anni duemila). Il Milan è ora seriamente indiziato per toglierci anche il secondo posto, conservando il Napoli un esiguo margine di vantaggio di soli 2 punti ma dovendo andare in casa del Diavolo e con un trend da paura: 4 pareggi ed 1 sconfitta nelle ultime cinque partite, a fronte di un Milan che viaggia a mille. Delle altre non facevo gran conto: scomparsa a certi livelli l’Udinese, smembrata in sede di calcio-mercato, confermatasi la Lazio ma mai al punto di fare il salto di qualità avendo l’uomo di spicco in Klose, molto usurato e non in grado di garantire un’intera stagione. Della Roma ho detto, e mi sono abbondantemente sbagliato, ma la rosa per me è di primissimo piano e forse è la più qualitativa in proiezione futura, ma la società è inesistente e questo peserà molto. Potrà essere però la terza forza del futuro. Restava l’incognita-Inter, che il mio amico Fabbroni considerava candidata per lo scudetto, ed in effetti è stata la prima in grado di fermare l’imbattibile Juve. Io non credevo che un nocchiero inesperto e presuntuoso come Stramaccioni potesse far bene, e consideravo l’Inter talentuosa ma scombiccherata, che a differenza del Milan non aveva saputo fare pulizia al suo interno, con troppi vecchi usurati che camminano per il campo (due dei migliori si son pure rotti, Samuel e Milito, ed addio Inter). Ecco perché era una stagione irripetibile, considerando la Champions della Juve, che ha però nel DNA la capacità di gestire più competizioni e di saper stare comodamente al vertice senza il “braccino corto” che il Napoli ha mostrato a più riprese in questi anni mazzarriani, buoni ma non straordinari come lui vorrebbe far credere. In effetti siamo andati molto vicini al vero, fino… alla Samp. Lì si è rotto il giocattolo, che già aveva a Roma con la Lazio dato segnali preoccupanti di scricchiolamento. A Mazzarri abbiamo riconosciuto molti meriti, ed addebitato molti errori. Ma due sono su tutti, marchiani e macroscopici, tanto da metterlo ai miei occhi, e spero anche a quelli di De Laurentiis se vuole aprili e non far finta di niente. L’incapacità di gestire un gruppo ampio e senza preclusioni, specie per i giovani (io lo chiamo Erode mica per niente), al punto che se Pogba fosse al Napoli giocherebbe nella Primavera come Radosevic (incredibile, considerando che il ricambio del centrocampo si chiama Donadel!). In questo quadro si cala il problema-Insigne, perché l’allarme rosso va lanciato forte e chiaro: Mazzarri sta depauperando il nostro miglior talento, quello di cui si era innamorato pure Prandelli prima dell’esplosione di El Sharaawy che era la sua riserva nell’Under 21 ma che Allegri non ha avuto paura di lanciare. Un giovane ha bisogno di fiducia, di giocare, di poter sbagliare, di prendere confidenza e consapevolezza nei propri mezzi per esplodere. Insigne è impiegato a singhiozzi e male, in un ruolo ibrido che lo sta facendo sfiorire. Doveva essere il valore aggiunto del Napoli, quello capace – in collaborazione col talentuoso ma sonnecchioso Pandev – di far dimenticare il Pocho Lavezzi, la cui assenza invece si sta rivelando decisiva. Eppure resto convinto che il Pocho andasse venduto a quelle cifre, che non fosse un top player, che avesse limiti invalicabili per diventare un grandissimo giocatore, che il Napoli sul piano della manovra senza di lui se ne avvantaggiasse. Il problema non era vendere il Pocho, ma come sostituirlo. La prova dei fatti si è rivelata impietosa: Pandev (soli 2 gol) ha fortemente deluso ed ha un contratto ricchissimo di 4 anni! Insigne non è esploso e rischia di non farlo se non ci sarà un cambio di guida tecnica che punti fortemente su di lui. Il secondo capo d’accusa è ancora più importante del primo: la mancanza di duttilità mentale, prima ancora che tattica, del tecnico livornese, caparbio ai limiti dell’autolesionismo. Il modulo del Napoli basato sui cambi di gioco sugli esterni e sul gioco in velocità non funziona più per motivi endogeni – alcuni giocatori sono scaduti di forma forse irrimediabilmente (vedi Maggio) ed altri non sono in grado di applicare questo gioco (Pazienza e Gargano, con tutti i loro limiti, facevano i cambi di gioco, Inler e Behrami al più portano palla o la scaricano sul breve) – e per motivi esogeni – gli allenatori avversari hanno ormai capito come fermare il Napoli lasciandogli campo e mettendosi specchio facendo densità nella propria metà campo per poi andare a colpire il Napoli con le sue stesse armi, in contropiede, a fronte di una difesa azzurra lenta ed impacciata, in cui le crepe aperte dal portiere sono orami evidenti. Conte, quando ha capito l’estate scorsa che il suo dogmatico 4-2-4 con Pirlo ed un mediano non erano applicabili, è passato subito al 4-3-3 con 2 mediani a guardia dell’anziano fuoriclasse. Quando si è reso conto che gli avversari provavano a soffocare la mente creativa della Juve con marcature aggressive e ad personam, ha cambiato ulteriormente, passando al 3-5-2 che gli ha consentito di avere con Bonucci un’alternativa di gioco a Pirlo. Insomma, una bella duttilità. Allegri non è stato da meno. Cambiare modulo non ha comportato nessun reato di lesa maestà né una diminutio per i tecnici decorati del nostro campionato, ultimi vincitori di scudetti. Per Mazzarri cambiare significa invece rinunciare al ruolo di santone, di guru, di capo-scuola, quasi un reato. Eppure non ha visto la semplice verità (titolo cinematografico che piacerà molto a De Laurentiis): il Napoli, nel momento in cui è assurto all’Olimpo delle Grandi, doveva trasformarsi da grande squadra-femmina, per dirla nel linguaggio breriano, a squadra maschia, capace di fare la partita e scardinare le munite difese avversarie che lasciano di proposito campo agli azzurri per intasare gli spazi. La Juve lo fa, e strangola alla gola gli avversari, perché pur giocando a 3 dietro, gioca con 3-centrocampisti-3, veri e finiti, mentre il Napoli gioca sempre in inferiorità numerica a centrocampo per consentire ad Hamisk di cercare la porta dietro le punte come vertice alto del centrocampo. Il passaggio a 4 non era un’opzione, ma una necessità che Mazzarri non ha saputo cogliere. Da qui tutti quei primi tempi regalati agli avversari. Mazzarri se ne adonta molto, non risponde alle domande semplici e precise, tipo quella della Gazzetta che riassumo mettendoci di mio: Mazzarri, parli tanto di crescita del gruppo e sbandieri i punti in più rispetto all’anno scorso, ma ti sei accorto che hai un solo punto in più di quando sei finito terzo dopo aver sciupato il secondo posto sulla scia del Milan del girone d’andata due soli anni fa? Dov’è la crescita, tenta milioni d’euro post-Lavezzi? Sì, Mazzarri, è proprio vero, inutile che guardi incazzato nero Iannicelli in conferenza-stampa quando dici “per alcuni io sono il freno a mano tirato del Napoli”. E’ proprio così: sei tu il freno a mano di questa squadra, per la tua cocciutaggine. Lo affermiamo e lo certifichiamo davanti alla Dea Eupalla, giuriamo sui libri sacri della Storia del calcio di Brera e Ghirelli. Te ne andrai, lo hai deciso tu, le strade si separeranno, ma non avremo a questo punto rimpianti. Ci siamo convinti che occorrono idee nuove e forze fresche. Ma salva la stagione e te stesso, perché rischi di perdere credibilità e di lasciar con un fallimento. E non venderci fumo: se il Napoli finisce tra i primi cinque non ha centrato l’obiettivo di stagione come sbandieri tu, è un fallimento tutto ciò che a questo punto viene dopo il terzo posto a dir tanto, perché la tua squadra era l’anti-Juve a detta di tutti gli addetti ai lavori, e già il terzo posto è una iattura perché lasceresti un Napoli ingessato, incapace di saper che futuro potrà avere, legato al cappio del preliminare di Champions che deciderà il futuro azzurro.

Fonte: Umberto Chiariello per Mondonapoli-rispetta lo sport.it
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