L’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport riporta un articolo di Roberto Valeri sociologo e responsabile dell’Osservatorio razzismo e antirazzismo nel calcio, organismo autonomo e indipendente, eccone un estratto:
“I primi episodi di discriminazione territoriale risalgono almeno al 1986, quando i tifosi del Verona esposero striscioni offensivi nei confronti dei napoletani. Non è vero che vennero ignorati, ma sollevarono indignazione e preoccupazione, tanto da portare ad inserire la discriminazione territoriale tra i comportamenti da condannare. Per restare soltanto alla stagione 2012-2013 è forse utile ricordare alcune società sanzionate: l’Atalanta ha pagato 18.000 euro per discriminazione territoriale in 3 partite (contro Lazio, Palermo e Napoli), il Milan 10.000 euro contro il Napoli, anche per la “goliardata” messa in atto dai numerosi suoi sostenitori, che, nel corso dell’intera gara, avevano indossato delle mascherine igieniche con l’intento spregiativo nei confronti della tifoseria partenopea; l’Inter 10.000 euro sempre contro il Napoli, la Juventus 10.000 euro in una partita contro l’Udinese ma per cori antinapoletani, e altri 20.000 contro la Lazio in una partita di Coppa Italia. Di certo, l’idea di abrogarla è una sciocchezza, sia perché in altre occasioni è stata punita facendola rientrare nella discriminazione d’origine etnica (questa sì imposta dalla Uefa), sia perché andrebbe a ledere quella dignità umana sempre sanzionata dalla Uefa. Da questa vicenda se ne esce solo alzando il livello di cultura antirazzista, che dovrebbe avvenire anche con il supporto di chi da anni si occupa delle discriminazioni nel calcio. La distinzione tra sfottò e discriminazione non è impossibile: è sicuramente discriminazione quando si rimanda alla deumanizzazione oppure quando si fa riferimento denigratorio a tragedie che hanno causato morti ad una comunità territoriale.”
La Redazione
M.V.
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