Cesare Prandelli, sabato sera lei era all’Olimpico. Cosa ha provato?
«Abbiamo toccato il fondo. Adesso dobbiamo prendere un modello che ha funzionato all’estero e dobbiamo importarlo in Italia. Sabato abbiamo perso tutti».
In nome di questa democrazia tipicamente italiana, discutiamo e parteggiamo su tutto. Il nostro Paese ha sempre coltivato la cultura del sospetto e del compromesso. Isolando i violenti potremmo restituire il calcio alla sua dimensione naturale.
«Sono perfettamente d’accordo. Il calcio che vorremmo vedere tutti è la partita, non tutto il resto, purtroppo in questi anni sono diventati protagonisti persone che non dovevano esserlo, la violenza la percepiamo in ogni momento, viviamo in un mondo violento. Io dico: togliamo tutte le barriere e poi chi sbaglia, paghi. Nel calcio non succede, vuoi perché siamo sempre tifosi. Abbiamo giustificato troppo. Posso fare un esempio scomodo?
Prego
«Siamo a Roma e qui c’è un presidente che ha rotto certi rapporti: ma Lotito vive sotto scorta, eppure non è preso da esempio, anzi viene sbeffeggiato. Ci sono migliaia di persone che indossano la maglietta con scritta “Lotito vattene”. L’altra sera all’Olimpico mi sono sentito impotente. Avrei preferito che lo speaker avesse avvisato tutti, non quello che è successo con una parte dello stadio; iniziamo da lì. A Firenze ho vissuto cinque anni con i Della Valle ed eravamo stati chiari: “Non vogliano un certo tipo di tifo” e in quei cinque anni non è successo niente. Non si possono accettare compromessi».
Lei era in campo nella terribile notte dell’Heysel. Percepisce il problema di oggi come quello di allora?
«Fu un momento tragico, mi auguro irripetibile, ma dobbiamo stare attenti. Le tifoserie sono una contro l’altra, ma sono unite contro le istituzioni: questo è un problema del Paese. Il calcio non può essere lasciato solo. Questo è un punto di non ritorno e prima o poi arriverà qualcuno e deciderà per tutti. La storia degli hooligans insegna».
La Uefa escluse dalle Coppe i club inglesi.
«L’Uefa li escluse per un anno, l’Inghilterra invece disse: “No, è poco, stiamo fuori per cinque anni. E’ quello il mio modello».
Da noi succederebbe il contrario…
«In Italia mancano le figure di riferimento, mancano i dirigenti. Io da ragazzino avevo uno che mi diceva: metti i tuoi scarpini lì e puliscili perché non c’è nessuno che te li lava. Ai miei tempi se lasciavi la squadra in dieci, venivi multato e poi isolato dai tuoi compagni. Il pugno e la reazione violenta sono segni di debolezza, ma anche lì ci dividiamo: no, ha alzato un pugno, non voleva. L’ha fatto? Basta! Mi fa ridere chi dice che il giocatore in campo non ha la lucidità necessaria per fare la persona educata. Ma se uno fa lo scavetto su un rigore vuol dire che ha la piena percezione di tutto».
Anche alcuni suoi colleghi contribuiscono ad alimentare le tensioni.
«Sarebbe facile dire sì, però dipende dove sei, in che città sei… Se c’è una radio, una televisione che ha un pensiero forte, sei condizionato. Invece la forza di un Paese è di non essere condizionato. Il tifoso è l’anima del calcio ma deve essere un’anima giusta».
Passiamo al calcio del campo. Molti criticano il livello del campionato italiano. Lei cosa ne pensa?
«Abbiamo quattro squadre ai vertici e ognuna sta seguendo una linea, non si fanno condizionare da come giocano, la Juve gioca con la difesa a tre, la Roma e il Napoli a quattro, la Fiorentina cambia, è un segnale bello. Queste quattro squadre dovrebbero rimarcare ancora di più il loro modo di essere».
Dopo Spagna-Italia lei disse che non aveva mai visto dei giocatori italiani così in difficoltà sul piano fisico nel mese di marzo. Questo giornale realizzò un’inchiesta sulla scia delle sue parole. Venne fuori che da noi ci alleniamo meno e meno bene che negli altri Paesi d’Europa.
«Non è che ci alleniamo meno in assoluto, ci alleniamo meno sull’intensità, ma prima di tutto dobbiamo metterci d’accordo su cosa è l’intensità: è data dalla velocità della palla e, di conseguenza, i giocatori devono correre alla stessa velocità. Magari corriamo di più però lo facciamo male. In Europa c’è più intensità perché la palla corre più veloce».
Non abbiamo forse quel tipo di cultura.
«La Juve ce l’ha. Il problema è generale».
E’ una questione di allenamento?
«Sì, l’intensità si può allenare, ogni allenatore lo sa, ma devi avere una base tecnica perché quando l’azione è veloce il primo controllo è determinante. Bisogna chiarire bene i concetti, spiegarli nei dettagli. Per esempio: si dice che in Italia si fa pressing, in realtà si fa pressione. Il pressing è un movimento che coinvolge 4-5 giocatori, la pressione si fa individualmente. In Europa fanno pressing, in Italia facciamo pressione».
La Roma fa pressing.
«Sì, le prime quattro squadre italiane lo fanno, le altre no, è ancora poco. E infatti non è mai successo che le prime della Serie A avessero 70 punti sulle ultime».
Eccoci al Mondiale. Lei continua a ripetere che la Costa Rica ci stupirà.
«E vedrete se mi sbaglio. E’ una squadra che ha la brillantezza sudamericana, è forte caratterialmente, è sanguigna, non ha nulla da perdere, né grandi aspettative: per giocare al calcio è la situazione ideale. Il portiere, Keylor Navas, sarà uno dei più forti del Mondiale».
Debutto con l’Inghilterra.
«Troveremo una squadra veloce, con esterni interessanti, non starà lì passiva».
Sarà una partita molto diversa dall’Europeo.
«Ecco, mi parlate di quella partita e già mi viene l’ansia… Vi racconto questo episodio. Tempo fa parlavo con Ancelotti delle sue esperienze europee e mi ha detto: “Nel Milan dopo la partita erano sempre tutti stanchi, in Inghilterra giocano ogni due giorni e non ci fanno caso, in Francia sono un po’ come noi, ma in Spagna ho trovato una professionalità incredibile, appena finita la partita si curano e fanno le vasche d’acqua fredda per smaltire la stanchezza. Sono felici di giocare”. Dopo l’Europeo, abbiamo fatto delle ricerche sullo stress che può condizionare i giocatori: i meno stressati esprimono più fantasia, quelli stressati sono rigidi, poco duttili e poco presenti».
Giaccherini aveva il ruolo che ora potrebbe toccare a Romulo.
«In effetti Romulo è un giocatore che ha quelle caratteristiche, può giocare in tre ruoli. E’ un jolly».
Si può dire che il prossimo “nuovo italiano” sarà Jorginho?
«A questa domanda può rispondere Mauro». Mauro Vladovich, che partecipa al nostro forum, è il segretario della Nazionale. E risponde: «Gli manca poco più di un anno per avere il diritto a giocare nella nostra Nazionale». Sarà buono per l’Europeo.
Qual è la differenza tecnica tra Destro e Immobile? Uno esclude l’altro?
«Mai detto! La differenza è più caratteriale che tecnica. Immobile è più libero mentalmente. Destro è un ragazzo con un talento importante ma le potenzialità non bastano. Vedi Immobile e noti questa generosità, Destro è un po’ una sfinge, ha doti straordinarie ma deve fare qualcosa in più».
Insigne farà parte del gruppo dei 30 per la doppietta in Coppa Italia?
«No, ci sarebbe stato lo stesso. Chiamerò sette attaccanti per cinque posti. E soprattutto non c’è nessuno nessuno sicuro del posto».
Neanche Balotelli?
«Neanche lui».
Qual è la situazione di De Sanctis?
«Quando ha deciso di lasciare la Nazionale, gli ho detto, che sei ci fosse stato bisogno, gli avrei telefonato prima del Mondiale. Ora i giovani ci sono».
Paletta l’ha convinta in fretta.
«Lo stiamo seguendo da tre anni, è un ragazzo sempre molto sereno e devo dire che è migliorato molto. Abbiamo dato tante opportunità e non ho ricevuto risposte. I giovani c’erano in passato, ma non hanno mostrato miglioramenti».
Intorno a Verratti, nuovo Pirlo, si è discusso molto.
«Le sue basi sono robuste, noi siamo stati i primi a metterlo nei 30 prima dell’Europeo, quando in Italia non lo voleva prendere nessuno. Il fatto è che all’inizio i giovani vengono valutati come talenti assoluti, poi si comincia a vederne dei difetti. Verratti deve pensare di non giocare solo come Pirlo: nasce come mezzapunta, Zeman lo arretra e lì diventa bravo, adesso deve avere la capacità di mettersi in discussione in altri ruoli, può giocare come interno, o diventare anche uno che rompe e ricostruisce».
Capitolo Rossi: è tornato e ha subito segnato un gran gol al Sassuolo. Insomma si è confermato un campione.
«Giuseppe merita tutto il nostro affetto, sono felice per il gol e lo aspetterò fino all’ultimo però sapete che avevo detto che avrei voluto vederlo in quattro-cinque partite…».
Veniamo alle altre: le favorite?
«Dico Spagna, Germania, Argentina e Brasile sopra di noi. E poi altre come noi: Colombia, Uruguay, Cile, Belgio, Olanda e Francia. Le squadre-sorpresa possono essere Belgio, Cile e Colombia. Peraltro Falcao sta recuperando…».
L’altra sera, nella finale di Coppa Italia, ha vinto una squadra che ha schierato solo un italiano, Insigne.
«E’ stata una finale molto bella, Fiorentina e Napoli hanno giocato un grande calcio e non era facile, con due riscaldamenti e con quella tensione. Il problema dei pochi italiani lo conosciamo: toccherà alla Lega indirizzare il futuro».
Fonte: Corriere dello Sport
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