VERONA – Un, due e tre: ed in quel numero perfetto, come l’ora e mezza di calcio, c’è la risposta (a distanza) che il Napoli invia alla Juventus e alla Roma, c’è un messaggio chiarissimo al campionato per tenerlo vivo, per alimentarlo d’emozioni, per arricchirlo di motivazioni. In quelle sei vittorie esterne (e pure stavolta dilagando), in quel blitz di calcio pure elegante, disinvolto, in quella gestione cerebrale della partita, c’è la sintesi del teorema-Benitez, che al Verona concede il rispetto riconosciutogli da quanto fatto ma che a se stesso e al suo Napoli impone di giocare senza freni inibitori ma razionalmente.
L’ILLUSIONE – Il campionato s’è ormai spaccato e in quel Verona-Napoli che alla vigilia tiene ancora teoricamente raccolte alcune anime, c’è l’essenza (e pure la differenza) tra chi scappa e chi insegue, tra chi viaggia su ritmi eccezionali e chi invece è padrone della normalità. Per venti minuti, soltanto quelli, la forbice si restringe: merito del Verona che pressa, eleva i ritmi, si affida all’animosità e lascia intravedere una possibilità, una sola; ma quando poi il Napoli s’impadronisce del campo, tenendo per sé in lungo e in largo, lo «strappo» diventa netto.
LO SCATTO – Mandorlini fa densità e anche forcing, va sui portatori di palla ma fatica a trovare profondità e spazio, lasciando che il suo Verona sia un bel vedere. Il Napoli è tutt’altro: è consistenza, saggezza, poi, zac, il taglio secco (26’) dopo aver già cominciato ad impossessarsi della trequarti. Da Higuain a Mertens, che governa il controllo per per rimediare l’angolo lontano dell’1-0. Ci sarebbe ancora la partita, se non ci fossero contenuti tecnici e tattici diversi e inavvicinabili; e infatti Higuain (36’) va vicinissimo al raddoppio, che (43’) il Rafael veronese nega poi ad un Callejon straripante.
LA SVOLTA – Il resto è didattica allo stato puro, agevole dominio delle vicende terrene (3’ della ripresa, girata di Toni per il tuffo del Rafael napoletano) fino a quando Benitez non rimedia la formula magica per ricacciare via il Verona, che ci sta mettendo pure quello che non ha. Dentro Insigne, fuori Pandev che dilapidato (al 10’ al volo, al 15’ in contropiede quattro contro tre) e comunque mai un passo indietro, semmai due in avanti: Insigne si prende la giornata e decide di farla sua, perché dopo tanto penare «sente» il gol, nota che Maggio è scappato sulla corsia di destra, va a coglierne l’assist per il comodo raddoppio da festeggiare spalancando le orecchie per gli insulti.
LO SHOW – Ma il pericolo va azzerato e il Napoli, colto l’irrigidimento del Verona, si concede alla platea: ha appezzamenti di terreno che inducono a maramaldeggiare, ad imporre la propria capacità di ribaltamento, a divertirisi assecondando quei famelici istrioni che stanno là davanti. E’ troppo facile il 3-0, con Insigne che viene murato da Rafael e nessuno in grado di andare a infastidire Dzemaili, solido e solitario per il 3-0. La Juventus va e la Roma anche, ma affinché la stagione abbia un senso per chiunque, il Napoli lo offre a se stesso, esibendo l’espressione lucida ed anche un po’ cinica della propria organizzazione, aspettando che torni Hamsik (in panchina, per il momento), che Zuniga si alzi e si rimetta a correre, che dal mercato arrivi un altro centrocampista – e forse due. E poi un’altra partita senza subire gol: c’era una volta la fatal Verona, che ora è però fatata.
Fonte: Corriere dello Sport
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