Maradona e Napoli, una parabola, una metafora, un romanzo che lega le vicende calcistiche e umane dell’asso assoluto alla complessa storia della città che lo elesse a protagonista. Esce in edizione italiana, per i tipi della Esi (Edizioni scientifiche italiane) Maradona e il Napoli. Un mito all’ombra del Vesuvio, uscito già in inglese con il titolo Once upon a time in Naples («C’era una volta a Napoli») e, l’anno scorso, in spagnolo (La aventura de Maradona en Europa). È un romanzo di John Ludden, giornalista e scrittore (nato nel 1969 a Manchester, dove vive con la moglie Christine ed il piccolo Matthew, tifosi sfegatati come lui dello United e del Napoli), che tratta in forma narrativa la vicenda di Maradona intrecciata alla storia di Napoli.
Una passione per Maradona: quando scattò la scintilla?
«Ricordo molto bene la partita Scozia-Argentina, del 2 giugno 1979. C’era sciopero alla tv inglese, avevo solo dieci anni, ero attaccato alla radiolina e i radiocronisti sembravano rapiti dalle azioni di questo diciannovenne dai capelli a cespuglio. Dodici mesi dopo Diego tornò in Inghilterra ad infiammare lo stadio di Wembley facendo un goal stupefacente che sarebbe stato replicato in Messico, nel 1986. E tutti a dirsi:”Ma come ha fatto?”».
E l’interesse per una città come Napoli quando è cominciato?
«Mi trovavo a Napoli in occasione della vittoria del secondo scudetto, nel ’90, e mi ci fermai per sei settimane. Fu un periodo incredibile; il giorno dell’incontro decisivo, contro la Lazio al San Paolo, rimarrà vivo in me per sempre».
Il calcio, ed i gesti di un fuoriclasse, come passione ma anche come spunto di storie per uno scrittore: cosa accadde prima di dar vita a questo romanzo?
«Possiamo far risalire tutto alla mia luna di miele, nel 1996, a Sorrento. Avevo seguito la caduta di Maradona da lontano, ma parlando con la gente, mi resi conto di quanto la stella di Maradona fosse precipitata in basso. Vidi sui muri di Napoli foto della squadra con la faccia di Maradona strappata. Come era potuto accadere? Quando io ero partito lui era il Principe della città. E ora?».
Maradona come personaggio tragico, quasi come quelli di Shakespeare?
«È vero. Mi vennero raccontate storie terribili di gangster, di droga, un precipitare in disgrazia proprio come poteva accadere ai personaggi del Bardo. Ciò mi fece venire l’idea di un libro ma passarono altri nove anni prima che il libro vedesse la luce».
Maradona da una parte, Napoli e la sua storia dall’altra.
«Una storia affascinante. Pensavo di inserire, all’inizio del libro, la storia di San Gennaro e di Nerone dato che, ovviamente, l’elemento narrativo sarebbe stata un’apertura perfetta per i grandiosi eventi che sarebbero seguiti. Come l’arrivo di Maradona in elicottero, a Napoli. Sapevo che una città, che si adagia da secoli sotto lo sguardo pensoso del Vesuvio, sarebbe stato il luogo ideale per collocarvi il genio di Maradona. Me lo immaginavo come il personaggio di Scarface, un Tony Montana in scarpette da calcio. Un genio con la palla ai piedi che, simile al vulcano, poteva esplodere in ogni momento».
Cosa la colpì nel rapporto tra la vicenda di Maradona e la società napoletana?
«Maradona giunse a Napoli con un grande seguito di amici, seguaci, parassiti ed una famiglia numerosa. Formarono un muro di protezione intorno Diego che nessuno poteva attraversare, che però la camorra non ebbe alcuna difficoltà a varcare. Ho sentito storie che sembrano incredibili e che farebbero arrossire un Borgia. Ma forse non era vero nulla».
Ecco, forse non era vero, lo ammette anche lei. Non trova che assimilare tutto alla camorra come causa ed effetto della parabola di Maradona e della storia della città sia esagerato, uno stereotipo?
«Sì lo ammetto, ma questo libro è stato scritto avendo in mente un pubblico di lettori inglesi di cui molti, probabilmente, non erano bene a conoscenza della vicenda epica di Maradona a Napoli. Avevo bisogno che il lettore capisse di che si trattava e nel fare questo ho teso ad esagerare gli stereotipi per drammatizzare la storia. Vediamo ora come funzionerà il libro con il pubblico di Napoli. Una città estremamente coinvolgente e meravigliosa per ambientarvi la storia di questo Dio del pallone, ma con una corona di spine».
La Redazione
P.S.
Fonte: Il Mattino
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