Come fuggiaschi. Fuori dallo stadio, di corsa, per mettere distanza da una beffa che fa male. Confusa tra la calca nervosa, i fischi ancora rimbombanti sugli spalti, ho capito quanto sia inesauribile il vocabolario della lingua napoletana quando si tratta di inanellare insulti a raffica. Quasi tutti irripetibili. Solo un signore dall’aria intellettuale mi ha sorpreso con un ironico aplomb proponendo Aronica, dopo Balotelli, per la prossima copertina di Time. «Ciao Antonio, ci rivedremo in Paradiso» avevano scritto i tifosi della Curva A indirizzando uno striscione affettuoso a qualcuno che non c’è più e che evidentemente considerava il San Paolo un Eden domenicale in terra. Non stavolta. Al minuto 92 l’arena di Fuorigrotta è precipitata in un piccolo inferno calcistico/dantesco destinato a peccatori in calzoncini e maglie azzurre, condannati nel girone di chi troppo presto rinuncia a affondare i colpi. Anche il tabellino ha qualcosa di diabolico: il solito Edi, angelo grintoso, al sesto l’ha messa dentro, il numero 6, a 6 minuti dall’ingresso in campo, l’ha regalata agli avversari. Tre volte 6, il numero del diavolo. Lui ci ha messo la coda. Alle corna ci ha pensato il toro.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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